Agostino, Il peccato è legato alla libertà

Agostino sostiene che il peccato nasce da un atto volontario e presuppone quindi la responsabilità e, soprattutto, la libertà. Egli usa l’espressione “libero arbitrio” per indicare la capacità dell’uomo di valutare e di scegliere all’interno di una gerarchia dei beni.

 

De vera religione, XIV, 27

 

1      Se cotesta miseria, che si dice peccato, capitasse addosso come una febbre a chi non la cerca, certo sembrerebbe ingiusta quella pena che, venendone al peccatore, si chiama dannazione. Ma all’opposto il peccato è male tanto volontario, che se tale non fosse, cesserebbe di essere peccato. E ciò è tanto chiaro che su un tal punto non vi è dissenso di sorta né fra i pochi dotti né fra i molti indotti. O si deve negare adunque che esiste peccato, o si deve ammettere che esso è volontario.

2      Né si può negare che abbia peccato l’anima quando si riconosca che essa con la penitenza si emenda, e che al penitente si concede perdono, mentre invece si condanna per giusta legge di Dio chi nel peccato si ostina.

3      Da ultimo, se non peccassimo volontariamente, nessuno dovrebbe esserne rimproverato, né ammonito; ora senza di ciò non avrebbe necessariamente piú ragione di essere la legge cristiana ed ogni disciplina di religione. Dunque si pecca volontariamente.

4      E poiché non vi è dubbio che si pecca, ne viene che non è affatto possibile il minimo dubbio che le anime nostre non abbiano il libero arbitrio.

5      Dio ha giudicato e giudica migliori fra i suoi servi quelli che spontaneamente l’hanno servito e lo servono, il che non avrebbe senso, se tutti non liberamente, ma per necessità lo servissero.

 

(Agostino, La vera religione, Paravia, Torino, 1945, pagg. 26-27)