Aristotele, Il cittadino ideale (politica)

In questo brano il filosofo delinea le caratteristiche del cittadino ideale, che deve imparare a comandare e ad essere comandato. Ma Aristotele afferma anche che vivere con il lavoro delle sue mani non gli si addice, confermando di condividere il giudizio degli antichi sul lavoro manuale.

 

Politica, 1277a 30-1277b 8; 1328b 35-1329a 1

 

1      [1277a] [...] E poiché si ritiene talora che comandante e comandato debbano apprendere cose diverse e non le stesse e che il cittadino deve conoscerle e averle entrambe, si può capire quel che segue. C’è il comando padronale: diciamo che sua materia sono i lavori necessari per la casa: non è indispensabile che il padrone sappia farli, ma piuttosto impiegarli a proprio uso. L’altro è servile e per “l’altro” intendo la capacità di sbrigare i mestieri servili. Distinguiamo vari tipi di schiavi giacché varie sono le faccende da compiersi. Una parte ne sbrigano i manovali: costoro, come indica da sé la parola, sono quelli che vivono col lavoro della mani: [1277b] rientra in questi l’operaio meccanico. Per tale motivo, un tempo, presso alcuni popoli, i lavoratori non erano ammessi alle cariche, prima che si sviluppasse la democrazia nella forma piú spinta; i lavori di questi, soggetti a tale forma di comando, non li deve apprendere il bravo uomo di stato né il bravo cittadino, se non per il suo esclusivo uso privato, occasionalmente, perché in tal caso non c’è piú da una parte il padrone, dall’altra lo schiavo.

         [...]

2      [1328b] Ma poiché ci troviamo a studiare la costituzione migliore, quella, cioè, sotto la quale lo stato è al massimo felice, e s’è già detto che non può esserci felicità senza virtú, è chiaro di conseguenza che nello stato retto nel modo migliore e formato da uomini giusti assolutamente e non sotto un certo rapporto, i cittadini non devono vivere la vita del meccanico o del mercante (un tal genere di vita è ignobile e contrario a virtú) e neppure essere contadini quelli che vogliono diventare cittadini [1329a] (in realtà c’è bisogno di ozio e per far sviluppare la virtú e per le attività politiche).

(Aristotele, Opere, Laterza, Bari, 1973, vol. IX, pagg. 78-79; pagg. 238-239)