Aristotele, Il principio di non contraddizione (metafisica)

Aristotele è certo che esiste negli esseri umani qualcosa di cui è impossibile dubitare, riguardo alla quale non si può cadere in inganno, sulla quale il relativismo non può far breccia: è infatti impossibile dubitare del principio che sta a fondamento del modo di procedere della ragione umana, e che è noto come “principio di non contraddizione”.

 

a) Metafisica, 1005b 8-34

 

1             Dobbiamo dire, ora, se sia compito di una unica scienza, oppure di scienze differenti, studiare quelli che in matematica sono detti “assiomi” e anche la sostanza. Orbene, è evidente che l’indagine di questi “assiomi” rientra nell’ambito di quell’unica scienza, cioè della scienza del filosofo. Infatti essi valgono per tutti quanti gli esseri, e non sono proprietà peculiari di qualche genere particolare di essere, ad esclusione degli altri. E tutti quanti si servono di questi assiomi, perché essi sono propri dell’essere in quanto essere, e ogni genere di realtà è essere. Ciascuno, però, si serve di essi nella misura in cui gli conviene, ossia nella misura in cui si estende il genere intorno al quale vertono le sue dimostrazioni. Di conseguenza, poiché è evidente che gli assiomi appartengono a tutte le cose in quanto tutte sono esseri (l’essere è, infatti, ciò che è comune in tutto), competerà a colui che studia l’essere in quanto essere anche lo studio di questi assiomi.

2             Per questa ragione, nessuno di coloro che si limitano all’indagine di una parte dell’essere, si preoccupa di dire qualcosa intorno agli assiomi, se siano veri o no: non il geometra e non il matematico. Ne parlarono, invece, alcuni fisici, ma ne parlarono a ragione: infatti, essi ritenevano di essere i soli a fare indagine di tutta quanta la realtà e dell’essere.

3             D’altra parte, poiché c’è qualcuno che è ancora al di sopra del fisico (infatti la natura è solamente un genere dell’essere), ebbene, a costui che studia l’universale e la sostanza prima, competerà anche lo studio degli assiomi. La fisica è, sí, una sapienza, ma non è la prima sapienza.

4             Per quanto riguarda, poi, i tentativi, fatti da alcuni di coloro che trattano la verità, di determinare a quale condizione si debba accogliere qualcosa come vero, bisogna dire che essi nascono dall’ignoranza degli Analitici, e non che le ricerchino mentre ascoltano queste lezioni.

5             È evidente, dunque, che è compito del filosofo e di colui che specula intorno alla sostanza tutta e alla natura di essa, far indagine anche intorno ai principi dei sillogismi.

6             [1005b] Colui che, in qualsiasi genere di cose, possiede la conoscenza piú elevata, deve essere in grado di dire quali sono i princípi piú sicuri dell’oggetto di cui fa indagine; di conseguenza, anche colui che possiede la conoscenza degli esseri in quanto esseri, deve poter dire quali sono i princípi piú sicuri di tutti gli esseri. Costui è il filosofo. E il principio piú sicuro di tutti è quello intorno al quale è impossibile cadere in errore: questo principio deve essere il principio piú noto (infatti, tutti cadono in errore circa le cose che non sono note) e deve essere un principio non ipotetico. Infatti, quel principio che di necessità deve possedere colui che voglia conoscere qualsivoglia cosa deve già essere posseduto prima che si apprenda qualsiasi cosa. È evidente, dunque, che questo principio è il piú sicuro di tutti.

7             Dopo quanto si è detto, dobbiamo precisare quale esso sia. È impossibile che la stessa cosa, a un tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa, secondo lo stesso rispetto (e si aggiungano pure anche tutte le altre determinazioni che si possono aggiungere, al fine di evitare difficoltà di indole dialettica). È questo il piú sicuro di tutti i princípi: esso, infatti, possiede quei caratteri sopra precisati. Infatti, è impossibile a chicchessia di credere che una stessa cosa sia e non sia, come, secondo alcuni, avrebbe detto Eraclito. In effetti, non è necessario che uno ammetta veramente tutto ciò che dice. E se non è possibile che i contrari sussistano insieme in un identico soggetto (e si aggiungano a questa premessa le precisazioni solite), e se un’opinione che è in contraddizione con un’altra è il contrario di questa, è evidente che è impossibile, ad un tempo, che la stessa persona ammetta veramente che una stessa cosa esista e, anche, che non esista: infatti, chi si ingannasse su questo punto, avrebbe ad un tempo opinioni contraddittorie. Pertanto, tutti coloro che dimostrano qualcosa si rifanno a questa nozione ultima, perché essa, per sua natura, costituisce il principio di tutti gli altri assiomi.

                [...]

8             Dopo queste precisazioni, risulta chiaro che le affermazioni unilaterali ed estese a tutto non possono reggere, come pretendono coloro che dicono che nulla è vero (nulla, infatti, vieta - essi asseriscono - che tutte le affermazioni siano false allo stesso modo dell’affermazione che la diagonale è commensurabile), oppure coloro che dicono che tutto è vero.

9             (a) Infatti questi ragionamenti equivalgono, in fondo, a quelli di Eraclito, perché colui che afferma che tutto è vero e tutto è falso, afferma anche separatamente ciascuna di queste dottrine; sicché, se è assurda la dottrina di Eraclito, assurde saranno, anche, queste altre.

10           (b) Inoltre, ci sono proposizioni che sono manifestamente contraddittorie e che non possono essere vere insieme; e d’altra parte ve ne sono altre che non possono essere tutte false, anche se questo sembrerebbe, invece, essere maggiormente possibile in base a ciò che si è detto. Ma per confutare tutte codeste dottrine bisogna, come si è detto nei precedenti ragionamenti, non pretendere che l’avversario dica che qualcosa è o non è, ma che dia significato alle sue parole, in modo che si possa discutere partendo da una definizione, e incominciando dallo stabilire che cosa significhi vero e falso. Ora, se ciò che è vero affermare altro non è che ciò che è falso negare, è impossibile che tutte le cose siano false: infatti è necessario che uno dei due membri della contraddizione sia vero. Inoltre, se è necessario o affermare o negare ogni cosa, è impossibile che tanto l’affermazione quanto la negazione siano, entrambe, false: una sola delle sue proposizioni contraddittorie è falsa.

11           (c) Tutte queste dottrine cadono poi nell’inconveniente di distruggere sé medesime. Infatti, chi dice che tutto è vero, viene ad affermare come vera anche la tesi opposta alla sua, dal che consegue che la sua non è vera (dato che l’avversario dice che la tesi di lui non è vera). E colui che dice che tutto è falso, viene a dire che è falsa anche la tesi che egli stesso afferma. E se vorranno ammettere delle eccezioni, l’uno dicendo che tutto è vero tranne la tesi contraria alla sua, l’altro che è tutto falso tranne la propria tesi, saranno, cionondimeno, obbligati ad ammettere infinite proposizioni vere e false: infatti, colui che dice che una proposizione è vera, afferma un’altra proposizione vera, e cosí si procederà all’infinito.

12           È evidente, poi, (a) che non dicono il vero né coloro i quali affermano che tutto è in quiete, né coloro che dicono che tutto è in movimento. Se, infatti, tutto è in quiete, le medesime cose saranno sempre vere e sempre false; è evidente, invece, che le cose mutano: la stessa persona che sostiene questa tesi, un tempo non esisteva e, di nuovo, in seguito, non esisterà. Se, invece, tutto è in movimento, nulla sarà vero, e quindi tutto sarà falso; ma si è dimostrato che ciò è impossibile. Inoltre, necessariamente, ciò che muta è un essere: il mutamento, infatti, ha luogo a partire da qualcosa e verso qualcosa.

13           (b) E neppure è vero che tutto sia talora in quiete e talaltra in movimento, e che non esista nulla di eterno. C’è qualcosa, infatti, che sempre muove ciò che è in movimento, e il motore primo è, di per sè, immobile.

 

 (Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano, 19942, pagg. 143-145)

 

b) Metafisica, 1061b 34-1062a 23

 

1             [1061b] Esiste negli esseri un principio rispetto al quale non è possibile che ci si inganni, ma rispetto al quale, al contrario, è necessario che si sia sempre nel vero: è questo il principio che afferma che non è possibile che la medesima cosa in un unico e medesimo tempo sia e non sia, e che lo stesso vale anche per gli altri attributi che sono fra loro opposti in questo modo.

2             [1062a] Dei princípi di questo tipo non c’è una dimostrazione vera e propria, ma c’è solamente una dimostrazione ad hominem. Infatti, non è possibile dedurre questo principio da un ulteriore principio piú certo; questo sarebbe necessario, se ci fosse dimostrazione vera e propria. Ora, contro chi afferma proposizioni contraddittorie, colui che intende mostrare che ciò è falso, deve assumere come punto di partenza una affermazione che sia identica al principio per cui non è possibile che la medesima cosa sia e non sia in un solo e medesimo tempo, ma che però non sembri essere identica. Infatti, è questa l’unica dimostrazione che si può addurre contro chi afferma la possibilità che siano vere affermazioni contraddittorie riferite al medesimo soggetto.

3             Orbene, coloro che intendono discutere insieme devono pure intendersi su qualche punto; infatti, se ciò non avvenisse, come potrebbe esserci fra loro un discorso comune? Dunque, bisogna che ciascuno dei termini che essi usano sia loro comprensibile e bisogna che significhi qualcosa e non molte cose ma una sola cosa; e se il termine significa molte cose, bisogna chiarire bene a quali di queste cose ci si riferisca. Ora, chi dice: “questo è e non è”, nega esattamente ciò che afferma, e di conseguenza nega che la parola significhi ciò che significa. Ma questo è impossibile. Sicché se l’espressione: “questa data cosa è” significa qualcosa, è impossibile che sia vera l’affermazione contraddittoria.

4             Inoltre, se una parola significa qualcosa e se ciò che significa è vero, ciò deve essere di necessità; ma ciò che è di necessità non è possibile che talora non sia. Dunque, non è possibile che le asserzioni contraddittorie, cioè le affermazioni e le negazioni, possano essere vere, insieme, di un medesimo soggetto.

5             Inoltre, se l’affermazione non è per nulla piú vera della negazione, chi dice di qualcosa “è un uomo” non sarà per nulla maggiormente nel vero rispetto a chi dice “è non-uomo”. Ma può sembrare che chi dice “l’uomo è non-cavallo” sia piú nel vero, o, comunque, non sia meno nel vero, rispetto a chi dice “l’uomo è non-uomo”. Conseguentemente, sarà nel vero anche colui che dice “l’uomo è un cavallo”, dato che si era affermato che i contraddittori sono entrambi ugualemente veri. Risulta, allora, che la medesima cosa è uomo e cavallo e qualsiasi altro animale.

6             Dunque, di questi principi non c’è alcuna dimostrazione vera e propria; c’è, invece, una dimostrazione che confuta colui che sostiene queste teorie. Ed è probabile che, se si fosse interrogato in questo modo lo stesso Eraclito. egli sarebbe stato costretto ad ammettere che non è mai possibile che le proposizioni contraddittorie siano vere insieme, rispetto alle medesime cose. Egli abbracciò questa dottrina senza darsi ragione di ciò che diceva. E, in generale, se fosse vero ciò che egli dice, allora non potrebbe piú essere vera neppure questa sua stessa affermazione, cioè che la medesima cosa in un solo e medesimo tempo può essere e non essere. Infatti, cosí come l’affermazione e la negazione, se sono separate fra loro, non sono una piú vera dell’altra, lo stesso vale anche se sono prese insieme e se sono considerate come costituenti una affermazione unica: questo insieme preso come affermazione non sarà per nulla piú vero che la negazione dello stesso insieme.

7             Infine, se non è possibile affermare nulla di vero, allora sarà falsa anche questa affermazione: sarà cioè falso il dire che non esiste alcuna affermazione vera. Se, invece, esiste una affermazione vera, allora si potrà confutare la dottrina di coloro che sollevano obiezioni di questo genere e che distruggono interamente la possibilità del ragionamento.

                [...]

8             In generale, poi, è assurdo voler giudicare della verità partendo dal fatto che le cose di quaggiú sono soggette a mutamento e non permangono mai nelle medesime condizioni: infatti, bisogna perseguire il vero partendo da quegli esseri che si trovano sempre nelle stesse condizioni e che non sono passibili di alcun mutamento, quali sono, ad esempio, i corpi celesti. Questi, infatti, non appaiono talora con determinati caratteri e talaltra con caratteri diversi, ma sono sempre identici e non sono suscettibili di alcun mutamento.

9             Inoltre, se esiste movimento, esiste anche qualcosa che è mosso. Ora, ogni cosa che si muove parte da qualcosa e tende verso qualcosa: bisogna, dunque, che ciò che è mosso, prima, si trovi in ciò a partire dal quale sarà mosso, e, successivamente, non si trovi piú in esso e si muova verso altro e venga a trovarsi in questo. Dunque, le affermazioni contraddittorie intorno alle cose in movimento non potranno essere vere ad un tempo, come vorrebbero quei pensatori.

                [...]

10           Dunque, risulta evidente da tutte queste cose che è impossibile che le affermazioni contraddittorie riguardo al medesimo oggetto e nel medesimo tempo siano vere; e neppure possono essere veri i contrari, perché in ogni contrarietà un termine è privazione dell’altro, il che risulta chiaro se si riportano al loro principio le nozioni dei contrari.

11           E similmente non è neppure possibile predicare alcuno dei termini intermedi (insieme ad uno dei contrari) di un solo e medesimo oggetto. Infatti, se l’oggetto è bianco, saremo nel falso affermando che esso non è né bianco né nero: in tal caso, lo stesso oggetto risulterebbe essere ad un tempo bianco e non-bianco, perché verrebbe ad essere vero di esso anche uno dei termini che forma l’espressione composta che indica il medio, (né bianco, né nero), il qualte termine è, appunto, il contraddittorio del bianco.

12           Dunque, non possono essere nel vero né coloro che condividono l’opinione di Eraclito, né coloro che condividono l’opinione di Anassagora, altrimenti si verrebbero ad affermare i contrari del medesimo soggetto. Infatti, quando Anassagora dice che tutto è in tutto, dice che nulla è dolce piú che non amaro, o che qualsivogli degli altri contrari, se è vero che tutto è in tutto non solo in potenza, ma in atto ed in modo distinto. Nello stesso modo, non è neppure possibile che le affermazioni siano tutte false o tutte vere: e non è possibile, oltre che a causa di numerose altre difficoltà che ne conseguono, anche perchè, se tutte le affermazioni sono false, neppure chi afferma questo potrà dire il vero, e se invece tutte le affermazioni sono vere, chi dice che tutte le affermazioni sono false non dirà il falso!

 

(Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano, 19942, pagg. 499-501)