Aristotele, Pensiero e infinito (fisica)

Nel terzo libro della Fisica Aristotele affronta il problema dell’infinito: “la scienza della natura studia le grandezze, il movimento e il tempo, ciascuno dei quali necessariamente è infinito o finito [...]” e quindi “converrà a chi si occupa della natura meditare sull’infinito, se esso è o non è; e se è, che cosa mai esso è” (202b 30-35). La conclusione di Aristotele è che il pensiero e la natura si muovono in maniera differente, per cui la dimensione dell’infinito, propria del pensiero, del tempo e del movimento, non appartiene agli oggetti sensibili (alle grandezze).

 

Fisica, 208a 15-24

 

1      [208a] [...] D’altro canto è assurdo prestar fede al pensiero, poiché l’eccesso e il difetto non hanno luogo nella cosa, ma nel pensiero. Si potrebbe, infatti, pensare ciascuno di noi molte volte piú grande di quello che è, aumentandolo all’infinito; non per questo, tuttavia, qualcuno di noi si trova fuori della città o è dotato di siffatta statura, quale appunto l’abbiamo, perché qualcuno lo pensa, ma perché cosí è: questo fatto è un accidente.

2      Il tempo, poi, e il movimento sono infiniti, ed anche il pensiero, senza che permanga la parte che se ne coglie; una grandezza, invece, non è infinita né per la riduzione né per l’accrescimento che si effettuano con il pensiero.

(Aristotele, La Fisica, Loffredo, Napoli, 1967, pag. 78)