Aristotele, Quando le cose sono in potenza e quando in atto (metafisica)

Aristotele pone la distinzione fra ciò che ha il principio della sua generazione fuori di sé e ciò che lo ha in sé. Il concetto di atto (dal latino actus; le parole che usa Aristotele sono enérgheia ed entelécheia) è fondamentale nella definizione aristotelica del movimento e del divenire: esso indica ciò che è, con determinate caratteristiche, nel presente: il foglio che ho davanti in questo momento, è, in atto, la pagina di un libro. Ma questa pagina nel passato era qualcosa di diverso (un foglio di carta nella tipografia o, prima ancora, un albero) che comunque poteva diventare una pagina: era una pagina in potenza. Riferito ad albero o a foglio, cioè nel momento in cui indica qualcosa di definito che è nel presente, atto traduce il termine entelécheia. Ma c’è un momento, durante la lavorazione in tipografia, in cui la carta è trasformata in pagina: anche per questa fase di trasformazione si può parlare di atto (proprio nel senso di azione), che fa diventare un foglio di carta una pagina di libro; con questo significato atto traduce il termine aristotelico enérgheia. Nella trasformazione, nel divenire o nel muoversi di qualsiasi ente si possono quindi schematicamente individuare tre momenti: a) quando la trasformazione è possibile ma non avviene (la carta nel magazzino del tipografo); b) quando la trasformazione avviene (la lavorazione della pagina da parte del tipografo); c) quando la trasformazione è avvenuta (la pagina realizzata all’interno del libro). Il momento a) corrisponde alla potenza, il momento b) e il momento c) corrispondono all’atto; ma in b) si tratta di enérgheia, in c) di entelécheia.

 

Metafisica, 1049a 5-27

 

1      [1049a] [...] Per quanto concerne le cose che dipendono dalla ragione, la questione può cosí definirsi: esse passano dall’essere in potenza all’essere in atto, quando siano volute e non intervengano ostacoli dal di fuori; nel caso, poi, di colui che deve essere guarito, quando non ci siano impedimenti interni. E diremo che anche una casa è potenza allo stesso modo: quando negli elementi materiali non ci sia nulla che ad essi impedisca di diventare casa, e quando non vi sia piú nulla che ad essi si debba ulteriormente aggiungere o togliere o mutare, allora si ha la casa in potenza. Cosí dovrà dirsi per tutti gli altri casi, in cui il principio della generazione proviene dal di fuori.

2      Le cose, invece, che hanno in sé il principio della generazione saranno in potenza per virtú propria, quando non vi siano impedimenti provenienti dall’esterno. Lo sperma, ad esempio, non è ancora l’uomo in potenza, perché deve essere deposto in altro essere e subire mutamento; invece quando, in virtú del principio suo proprio, sia già passato in tale stadio, allora esso sarà l’uomo in potenza: nel precedente stadio esso ha bisogno di un altro principio. Cosí, per esempio, la terra non è ancora la statua in potenza, essa deve, prima, mutare per diventare bronzo.

3      Quando diciamo che un essere non è una determinata cosa ma “fatto di una certa cosa” (per esempio, l’armadio non è legno, ma è fatto di legno, né il legno è terra, ma fatto di terra, e, a sua volta, la terra, se deriva in questo modo da altro, non è quest’altro, ma fatta di quest’altro), appare evidente che quest’ultimo termine è sempre in potenza, in senso proprio, quello che immediatamente segue. Per esempio, l’armadio non è fatto di terra, né è terra, ma è di legno; il legno è, infatti, armadio in potenza, e come tale è materia dell’armadio, ed il legno in generale è materia dell’armadio in generale, mentre di questo dato armadio è materia questo dato legno. E se c’è qualcosa di originario che non possa piú riferirsi ad altro come fatto di quest’altro, allora questo sarà la materia prima. Per esempio, se la terra è fatta di aria e se l’aria non è fuoco, ma fatta di fuoco, il fuoco sarà la materia prima, la quale non è un alcunché di determinato.

 

(Aristotele, Metafisica, Rusconi, Milano, 19942, pagg. 414-415)