Bulgakov, Scienza e metafisica

In questa lettura il filosofo russo Sergej Bulgakov osserva che la scienza è in continuo progresso e in ciò sta la sua forza e la sua debolezza (secondo la critica hegeliana alla cattiva infinità). L’uomo però ha bisogno di “una rappresentazione compiuta del mondo” e per questo ci sarà sempre uno spazio dedicato alla metafisica.

 

S. N. Bulgakov, Problemi fondamentali della teoria  del progresso [1902]

 

Ma, per quanto si sviluppi, la conoscenza positiva rimarrà sempre limitata in base al suo oggetto: essa studia solo frammenti di una realtà, la quale continuamente si allarga dinanzi agli occhi di chi l’indaga. Il problema di una piena e compiuta conoscenza nell’ambito dell’esperienza è del tutto insolubile ed è un problema mal posto. È un problema illusorio e falso, come quello di arrivare all’orizzonte che continuamente si allontana in uno spazio interminabile. Lo sviluppo della scienza positiva è senza fine, ma questa infinitezza rappresenta la forza e la debolezza della conoscenza positiva: la forza, nel senso che non esiste e non può essere stabilito il confine della scienza sperimentale nel suo movimento progressivo, la debolezza nel senso che questo movimento infinito è condizionato precisamente dall’impossibilità di risolvere definitivamente il problema di pervenire a una conoscenza compiuta. Ci troviamo qui dinanzi ad un esempio di quello che Hegel chiamò cattiva, incompiuta infinità (schlechte Unendlichkeit, propriamente Endlosigkeit), a differenza dall’infinità intesa come compiutezza. La prima da un punto di vista geometrico può essere illustrata dalla retta che si prolunga indefinitamente nello spazio, la seconda dal cerchio. Come, da un punto di vista puramente matematico, a paragone con l’infinito tutte le grandezze finite perdono significato, quale che sia la differenza intercorrente tra le loro misure assolute, cosí è possibile affermare che al presente la scienza positiva non è piú vicina al risultato di offrire una conoscenza compiuta di quanto lo fosse alcuni secoli fa o lo sarà tra alcuni secoli.

Ma l’uomo deve necessariamente avere una rappresentazione compiuta del mondo, non può rimandare la soddisfazione di quest’esigenza al momento in cui la scienza futura offra materiale sufficiente a questo scopo, egli deve ricevere risposte ad alcune domande che già sorpassano l’ambito della scienza positiva e di cui questa, dal canto suo, non ha neppure coscienza. Al tempo stesso l’uomo non può soffocare in sé stesso questi interrogativi, far mostra che non esistano, ignorarli praticamente, come in sostanza propongono di fare il positivismo e l’agnosticismo nelle loro varie sfumature, ivi compreso anche il neokantismo, soprattutto nella sua tendenza positivistica. Per l’uomo, come essere razionale, è infinitamente piú importante di qualsiasi speciale teoria scientifica la risposta alla domanda su che cosa costituisca il mondo nel suo insieme, quale sia la sua sostanza, se abbia senso e fine razionale, se la nostra vita e il nostro operare abbiano un qualche valore, sulla natura del bene e del male ecc. In una parola, l’uomo si interroga e non può non interrogarsi non solo sul come, ma sul che cosa, perché, a che scopo. Ma queste domande non trovano risposte da parte della scienza positiva, anzi, essa né le pone né può risolverle. La loro soluzione appartiene all’ambito del pensiero metafisico, che avanza perciò i suoi diritti accanto alla scienza positiva.

 

S. N. Bulgakov, Il prezzo del progresso, a cura di P. C. Bori, Marietti, Casale Monferrato, 1984, pagg. 52-53