BENJAMIN, L'IRREPETIBILITA' DELL'OPERA D'ARTE

 

Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un elemento: l'hic et nunc dell'opera d'arte – la sua esistenza unica è irripetibile nel luogo in cui si trova. Ma proprio su questa esistenza, e in null'altro, si è attuata la storia a cui essa è stata sottoposta nel corso del suo durare. In quest'ambito rientrano sia le modificazioni che essa ha subito nella sua struttura fisica nel corso del tempo, sia i mutevoli rapporti di proprietà in cui può essersi venuta a trovare. La traccia delle prime può essere reperita soltanto attraverso analisi chimiche o fisiche che non possono venir eseguite sulla riproduzione; quella dei secondi è oggetto di una tradizione la cui ricostruzione deve procedere dalla sede dell'originale.

 

L'hic et nunc dell'originale costituisce il concetto della sua autenticità. Analisi di un genere chimico della patina di un bronzo possono essere necessarie per la constatazione della sua autenticità; corrispondentemente, la dimostrazione del fatto che un certo codice medievale proviene da un archivio del secolo XV può essere necessaria per stabilirne l'autenticità. L'intero ambito dell'autenticità si sottrae alla riproducibilità tecnica – e naturalmente non di quella tecnica soltanto.

 

Ma mentre l'autentico mantiene la sua piena autorità di fronte alla riproduzione manuale, che di regola viene da esso bollata come falso, ciò non accade nel caso della riproduzione tecnica. Essa può, per esempio mediante la fotografia, rilevare aspetti dell'originale che sono accessibili soltanto all'obiettivo, che è spostabile e in grado di scegliere a piacimento il suo punto di vista, ma non all'occhio umano, oppure, con l'aiuto di certi procedimenti, come l'ingrandimento o la ripresa al rallentatore, può cogliere immagini che si sottraggono interamente all'ottica naturale. È questo il primo punto. Essa può inoltre introdurre la riproduzione dell'originale in situazioni che all'originale stesso non sono accessibili. In particolare, gli permette di andare incontro al fruitore, nella forma della fotografia oppure del disco. La cattedrale abbandona la sua ubicazione per essere accolta nello studio di un amatore d'arte; il coro che è stato eseguito in un auditorio oppure all'aria aperta può venire ascoltato in una camera.

 

Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può venirsi a trovare possono lasciare intatta la consistenza intrinseca dell'opera d'arte – ma in ogni modo determinano la svalutazione del suo hic et nunc. Benché ciò non valga soltanto per l'opera d'arte, ma anche, e allo stesso titolo, ad esempio, per un paesaggio che in un film si dispiega di fronte allo spettatore, questo processo investe, dell'oggetto artistico, un ganglio che in nessun oggetto naturale è così vulnerabile. Cioè: la sua autenticità.

 

L'autenticità di una cosa è la quintessenza di tutto ciò che, fin dall'origine di essa, può venir tramandato, dalla sua durata materiale alla sua virtù di testimonianza storica. Poiché quest'ultima è fondata sulla prima, nella riproduzione, in cui la prima è sottratta all'uomo, vacilla anche la seconda, la virtù di testimonianza della cosa. Certo, soltanto questa; ma ciò che così prende a vacillare è precisamente l'autorità della cosa. Ciò che vien meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di "aura"; e si può dire: ciò che vien meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è "l'aura" dell'opera d'arte. Il processo è sintomatico; il suo significato rimanda al di là dell'ambito artistico.

 

La tecnica della riproduzione, così si potrebbe formulare la cosa, sottrae il riprodotto all'ambito della tradizione. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto. Entrambi i processi portano a un violento rivolgimento che investe ciò che viene tramandato – a un rivolgimento della tradizione, che è l'altra faccia della crisi attuale e dell'attuale rinnovamento dell'umanità. Essi sono strettamente legati ai movimenti di massa dei nostri giorni.

 

Il loro agente più potente è il cinema. Il suo significato sociale, anche nella sua forma più positiva, e anzi proprio in essa, non è pensabile senza quella distruttiva, catartica: la liquidazione del valore tradizionale dell'eredità culturale. Questo fenomeno è particolarmente vistoso nei grandi film storici. Esso vi conquista sempre nuove posizioni, e quando, nel 1927, Abel Gance esclama entusiasticamente: "Shakespeare, Rembrandt, Beethoven faranno dei film… Tutte le leggende, tutte le mitologie e tutti i miti, tutti i fondatori di religioni… aspettano la loro risurrezione nel film, e gli eroi si accalcano alle porte", senza rendersene conto, invita a una liquidazione generale.

 

(Walter Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, "Zeitschrift für Sozialforschung", Paris 1936, poi in Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Frankfurt, Suhrkamp Verlag, 1955; tr. it. L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1999, pp. 22-24)