BENJAMIN, L'ARCOBALENO

 

MARGARETHE È presto, temevo di disturbarti. Ma non potevo aspettare. Voglio raccontarti un sogno prima che svanisca.

 

GEORG Come sono felice quando vieni da me la mattina – me ne sto tutto solo con i miei quadri e non ti attendo affatto. Sei passata attraverso la pioggia che ti ha rinfrescata. Su, racconta.

 

MARGARETHE Georg, mi accorgo che non posso. Un sogno non si può raccontare.

 

GEORG Ma che cosa hai sognato? Era bello o spaventoso? Era forse qualcosa che hai vissuto con me?

 

MARGARETHE Nulla di tutto ciò. Era semplicissimo. Si trattava di un paesaggio, ma ardeva nei colori. Mai ho visto colori del genere. Anche i pittori non li conoscono.

 

GEORG Erano i colori della fantasia, Margarethe.

 

MARGARETHE I colori della fantasia, è vero. Il paesaggio splendeva in essi. Ogni monte, ogni albero, le foglie: avevano in sé infiniti colori. E anche infiniti paesaggi. Quasi la stessa natura prendesse vita in una molteplicità di incarnazioni.

 

GEORG Conosco queste immagini della fantasia. Credo di averle in me stesso quando dipingo. Mescolo i colori e vedo solo colore. Vorrei quasi dire: io sono colore.

 

MARGARETHE E così era il sogno. Non ero altro che occhi. Tutti gli altri sensi erano dimenticati, scomparsi. Io stessa non c’ero più, né la mia mente, che mi rivela le cose dalle immagini sensibili. Non ero una che guardava, ero solo sguardo. E quello che vedevo non erano cose, Georg, erano solo colori. E io stessa ero colore in questo paesaggio.

 

GEORG E' un’ebbrezza, questa che tu descrivi. Ricordi quando ti parlavo di un raro e meraviglioso senso di ebbrezza che avevo conosciuto in passato? Mi sentivo leggero in quei momenti. Soprattutto percepivo il modo in cui stavo nelle cose: delle loro proprietà, cioè, attraverso le quali io le penetravo. Ero io stesso una proprietà del mondo e stavo sospeso su di esso, lo riempivo come fossi colore.

 

MARGARETHE Perché nelle immagini dei pittori non ho trovato mai i colori puri e ardenti del sogno? Giacché il luogo da cui nascono, la fantasia, e quello che tu paragoni all'ebbrezza – la pura percezione nell'oblio di sé – questo è l’anima dell'artista. E fantasia è l'essenza intima dell'arte, mai l’ho visto con più chiarezza.

 

GEORG Se fosse l’anima dell’artista non sarebbe per questo anche l’essenza dell’arte. L’arte crea. E lo fa oggettualmente, cioè in rapporto alle forme pure della natura. Pensa – come spesso facevi con me – alle forme. L'arte crea secondo un canone eterno, che fonda forme eterne di bellezza. Forme appunto, che riposano tutte nella forma, nel rapporto con la natura.

 

MARGARETHE Vuoi dire che l’arte imita la natura?

 

GEORG Sai bene che non penso questo. E vero, l’artista non vuole altro che afferrare la natura nella sua essenza, vuole coglierla nella sua purezza, riconoscerla nella forma. Ma nel canone riposano le forme profonde e creatrici della concezione. Osserva la pittura. Non parte dalla fantasia, dal colore, ma dallo Spirituale, dall’elemento creatore, dalla forma. La sua forma è cogliere lo spazio vivente, costruirlo secondo un principio: poiché la vita non possiamo accoglierla se non con l’atto generatore. Il principio è il suo canone. E ogni volta che ci ho riflettuto, mi è sembrato che questo principio, per la pittura, sia l’infinitezza dello spazio, così come per la scultura la tridimensionalità. Non è il colore l’essenza della pittura, ma la superficie. In essa, nella profondità, lo spazio vive secondo la sua infinitezza. Nella superficie l'essenza delle cose si apre allo spazio, non propriamente nello spazio. E il colore è solo la concentrazione della superficie, impressione in essa dell'infinito. Il colore in quanto tale è esso stesso infinito, ma nella pittura ne abbiamo solo un riflesso.

 

MARGARETHE In che cosa si distinguono i colori del pittore da quelli della fantasia? E non è la fantasia la sorgente prima del colore?

 

GEORG Si, lo è, anche se questo ci meraviglia. Ma i colori del pittore sono relativi a confronto del colore assoluto della fantasia. Il colore puro esiste solo nell’intuizione e solo nell’intuizione c’è l'assoluto. Il colore pittorico è solo un riflesso della fantasia. In esso la fantasia si trasforma in azione, il colore crea mediazioni di luce e ombra e s’impoverisce. Il fondamento spirituale dell'immagine è la superficie e se hai veramente imparato a vedere, ti accorgerai che la superficie illumina il colore, non viceversa. L’infinità spaziale è la forma della superficie. Essa è il canone da cui procede il colore.

 

MARGARETHE Non vorrai essere così paradossale da dirmi che la fantasia non ha a che fare con l’arte. E anche se il canone dell’arte è spirituale, forza formatrice della vitalità – che ovviamente si riferisce solo alla natura in infiniti modi possibili – è vero però che anche l’artista è capace di concepire. La semplice bellezza, la visione, la gioia della contemplazione pura, l’artista la vive non in misura minore, ma molto più profondamente di tutti noi.

 

GEORG Come intendi ciò che appare nella fantasia? Come un modello di cui l’esecuzione sarebbe la copia?

 

MARGARETHE L'artista creatore non conosce modelli, quindi neppure nella fantasia. Non penso infatti a un modello ma a un archetipo (Urbild). A quell’apparire in cui egli si risolve, nel quale si sofferma, che non abbandona mai, e che è scaturito dalla fantasia.

 

GEORG La musa dà all’artista l’archetipo della creazione. Hai detto bene. E cos’altro è quest’archetipo se non la garanzia di verità della sua creazione, la prova che di essere un tutto unico con l’unità dello spirito, dal quale nascono la matematica non meno che la figurazione, la storia non meno che la parola. Che altro garantisce la musa al poeta con questo archetipo, se non il canone stesso, l’eterna verità che sta alla base dell’arte. E quell’ebbrezza che scorre per i nostri nervi nei momenti di massima chiarezza dello spirito; l’ardente ebbrezza del creare è la consapevolezza di creare nel canone, in accordo con la verità cui diamo compimento. Nella mano del poeta che scrive, in quella dell’artista che dipinge, nelle dita del musicista, nel movimento di chi crea un’immagine, nel singolo accenno, nel totale dissolversi in gesto, quel gesto che lui, l’artista, divinamente ispirato contempla in se stesso, quasi visione, la mano guidata dalla mano della musa, - in tutto questo domina la fantasia come contemplazione del canone nelle cose e in chi le osserva, unità di ambedue nella contemplazione del canone. Solo il potere della fantasia trasforma l’ebbrezza del godimento di cui ti dicevo nell’ebbrezza dell’artista. E solo quando egli tenta di fare dell’archetipo un modello, quando vuole impadronirsi dello spirituale senza dargli forma, contemplarlo nell’informe, l’opera diventa fantastica.

 

MARGARETHE Ma se la fantasia è il dono di una pura concezione; non allarghiamo la sua essenza oltre ogni confine? La fantasia è allora in ogni movimento puro, disinteressato, agito, come nell’intuizione: nella danza, nel canto, nel passo e nella parola così come nella pura visione del colore. E perché vorremmo vedere la fantasia principalmente nel colore?

 

GEORG Certo esiste in noi una intuizione pura dei nostri movimenti e di tutto il nostro fare, e su di essa poggia, credo, la fantasia dell’artista. Ma il colore resta l’espressione più pura dell'essenza della fantasia, giacché proprio ad esso non corrisponde nell’uomo alcuna capacità creativa. La linea non è colta con altrettanta purezza, possiamo infatti mutarla mentalmente con il movimento e il suono non è assoluto perché abbiamo il dono della voce. Ambedue non hanno la pura, intangibile bellezza del colore. Mi rendo conto, ovviamente, che la vista è parte di una regione della sensorialità umana cui non corrisponde alcuna capacità creativa: percezione cromatica, odorato e gusto. Guarda come è chiara la lingua su questo punto. Lo stesso termine indica la proprietà degli oggetti e l’attività dei sensi: odorare, aver sapore.1 Ma dei colori si dice che appaiono, il che non si dice mai degli oggetti per significarne la forma pura. Hai un’idea di quale regione dello spirito misteriosa e profonda abbia qui inizio?

 

MARGARETHE Non l’ho forse intuita prima ancora di te, Georg? Ma vorrei distaccare nettamente il colore dal misterioso regno dei sensi. Quanto più discendiamo in questo secondo regno (della ricettività sensoriale), cui non corrisponde alcuna capacità creativa, tanto più gli oggetti di questo regno si fanno sostanziali e tanto meno i sensi possono limitarsi ad afferrare pure proprietà. Non è possibile coglierli in se stessi con un atto puro e autonomo della mente, ma solo come la proprietà di una sostanza. Ma il colore nasce dal profondo della fantasia proprio perché non è altro che proprietà, in nulla è sostanza o ad essa si riferisce. Del colore si può dire solo che è una proprietà, non che abbia proprietà. Per questo chi non ha fantasia ne ha fatto dei simboli. Nel colore l’occhio si rivolge allo spirituale, risparmiando all’artista il cammino attraverso le forme della natura. Il colore dirige il senso, attraverso la pura percezione, direttamente verso lo spirito, verso l'armonia. Colui che vede si identifica con il colore, guardare un colore significa affondare lo sguardo in un occhio estraneo che lo inghiotte dentro di sé, l’occhio della fantasia. I colori contemplano se stessi, in loro è il puro vedere ed essi sono al tempo stesso l’oggetto e l’organo che lo percepisce. Il nostro occhio è colorato. Il colore nasce dalla vista e colora il puro sguardo.

 

GEORG L’hai detto molto bene: nel colore appare l'essenza propriamente spirituale dei sensi, il percepire; il colore, in quanto spirituale e immediato, è la pura espressione della fantasia. Solo ora capisco cosa vuol dire la lingua quando parla dell'aspetto (Aussehen) delle cose. Vuole indicare appunto il viso (Gesicht)2 del colore. Il colore è la pura espressione della contemplazione del mondo, il superamento di colui che vede. Attraverso la fantasia, esso si incontra con l’odorato e con il gusto, e cosi le persone più sensibili possono sviluppare liberamente la fantasia nell’intero ambito dei loro sensi. Io almeno credo che gli spiriti eletti generano da se stessi fantasie di odori, addirittura di gusti, come altri fantasie di colore. Pensa a Baudelaire. Queste estreme fantasie si fanno addirittura garanti di innocenza, giacché solo la pura fantasia da cui sgorgano non viene profanata da simboli e stati d'animo.

 

MARGARETHE Chiami innocenza quell’ambito della fantasia nel quale le impressioni vivono ancora pure come qualità in sé, incontaminate nello spirito che le riceve. Questa sfera dell’innocenza non è forse quella dei bambini e degli artisti? Vedo adesso con chiarezza che ambedue vivono nel mondo del colore. Che la fantasia è il medium in cui concepiscono e creano. Ha scritto un poeta: "Se fossi materia, mi colorerei".

 

GEORG Creare ricevendo: ecco il compimento dell’artista. Questo ricevere dalla fantasia non è la ricezione di un modello ma delle leggi stesse. Esso congiungerebbe il poeta alle sue figure nel medium del colore. Creare unicamente dalla fantasia, significherebbe essere divini, creare dalle leggi, direttamente e senza il tramite delle forme. Dio crea da un’emanazione dell’essere, come dicono i neoplatonici, e quest’essere non sarebbe altro che la fantasia, dalla cui essenza procede il canone. Forse il poeta ha intuito questo nel colore.

 

MARGARETHE Solo i bambini dimorano interamente nell’innocenza e quando arrossiscono ritornano nell'essenza del colore. In loro la fantasia è così pura, che ci riescono. – Ma guarda, non piove più. Un arcobaleno.

GEORG L’arcobaleno. Guardalo bene: è solo colore, in lui nulla è forma. E il simbolo (Sinnbild) del canone, così come emerge divinamente dalla fantasia. In esso infatti l’ordine della bellezza è quello della natura. La sua bellezza è la legge stessa, non più tramutata in natura, in spazio, non più bella per simmetria, spazio e leggi. Non più attraverso forme per derivazione dal canone, no, bella in se stessa. Nell’armonia, poiché canone e opera sono un tutto unico.

 

MARGARETHE E ogni bellezza, in cui l’ordine del bello appare come natura, non riposa forse sull’arcobaleno come simbolo?

 

GEORG E' così. Nella pura contemplazione sta il canone ed esso appare unicamente nel colore. Poiché nel colore la natura è spirituale e nella sua spiritualità non è altro che colore. E veramente l’archetipo dell’arte in quanto vive nella fantasia. La natura infatti ci vive dentro come comunanza di tutte le cose che non sono né create né creatrici. La natura concepisce nella pura visione. A lei si riferisce ogni oggettualità dell'arte.

 

MARGARETHE Potessi dirti quanto mi è familiare il colore. Intorno a me è un mondo di ricordi. Penso ai colori dei bambini. Per loro il colore è una sorta di percezione innata (das Empfangene), l’espressione della fantasia. Soffermiamoci all’interno dell’armonia, della natura innocente: penso alle figure, colorate o no, alla bella e singolare tecnica dei miei più vecchi libri illustrati. Hai mai osservato come i contorni delle figure vi appaiono sfumati in un gioco di arcobaleni, come cielo e terra sono colorati a strisce con colori trasparenti, come i colori sembrino aleggiare sulle cose, quasi a illuminarle di colore o a inghiottirle. Pensa ai molti giochi infantili che si rifanno tutti a una pura visione fantastica: le bolle di sapone, il gioco col thé, i colori umidi della lanterna magica, gli acquerelli, le decalcomanie. I colori sono sempre alonati, tendono a dissolversi variando di intensità ma senza passaggi di luci e d'ombre. Talora lanosi come i fili colorati da ricamo. Non cera quantità, come nei colori della pittura. Non ti sembra che tutto questo mondo del colore, il colore come medium, come assenza di spazio, sia stato eccellentemente raffigurato dalla policromia? Il mondo estetico del bambino vi appare come un universo aspaziale, di pura recettività, la cui unica dimensione è l’altezza. La percezione dei bambini è a sua volta dispersa nel colore. Essi non traggono conclusioni. La loro fantasia è intatta.

 

GEORG Tutte le cose che stai dicendo non sono che aspetti di un unico colore della fantasia. Un colore netto, senza passaggi, che pure gioca in innumerevoli sfumature, umido, cancella le cose nella colorazione dei loro contorni, un medium, puro accidente privo di sostanza, vario e tuttavia monocromo, un colorato colmare l’infinito Uno per mezzo della fantasia. E il colore della natura, delle montagne, degli alberi, dei fiumi e delle valli, ma soprattutto dei fiori e delle farfalle, del mare e delle nubi. Proprio per il colore le nubi sono così vicine alla fantasia. E l’arcobaleno è per me la manifestazione più pura del colore, che anima e compenetra la natura, ne riporta l’origine alla fantasia e ne fa l’archetipo, contemplazione in silenzio dell'arte. La religione proietta infine il suo sacro regno nelle nubi e la vita eterna nel paradiso. Mathias Grünewald dipingeva l’aureola dei suoi angeli con i colori dell’arcobaleno, affinché dalle sacre immagini l’anima rilucesse come fantasia.

 

MARGARETHE La fantasia è anche l’anima del sogno. Sognare vuol dire cogliere le immagini nella loro purezza. All’inizio volevo raccontarti un sogno; ora ci riuscirei ancora meno, ma tu stesso ne hai visto l’essenza.

 

GEORG Nella fantasia è l’origine della bellezza, che ci appare solo nella pura ricezione. È bello, è addirittura l’essenza stessa della bellezza che questa bellezza sia possibile solo riceverla; e solo nella fantasia può vivere l’artista e immergersi nell'archetipo. Quanto più profondamente la bellezza è penetrata in un’opera, tanto più è ricevuta. Ogni creazione è imperfetta; ogni creazione è senza bellezza. È meglio tacere.

 

[apparso in Metafisica della gioventù. Scritti 1910-1918, Einaudi, Torino 1982, pp. 151-58]