Claparède, Valorizzare le capacità individuali

In queste pagine Èdouard Cleparède (1873-1940) considera il problema di individuare una nuova organizzazione della scuola che – a differenza del sistema tradizionale – consenta di rispettare e di far sviluppare liberamente le diverse attitudini e capacità individuali. A questo scopo propone l’introduzione nella scuola di alcuni soluzioni quali: le classi mobili, le sezioni parallele, il sistema delle “opzioni”.

 

É. Cleparède, La scuola su misura

 

Che fare affinché le attitudini vengano rispettate e valorizzate per il maggior bene di chi le possiede? Probabilmente non vi sarebbe nulla da fare in una scuola ideale, dai programmi intelligenti ove, una maggiore libertà essendo lasciata ad ognuno, il problema del misconoscimento delle attitudini non si presenterebbe neppure.

Ma, in attesa di essere a quel punto, il problema si pone. E le soluzioni che si presentano immediatamente alla mente sono ben quattro, senza contare le combinazioni che si possono fare fra esse: le classi parallele, le classi mobili, l'aumento del numero delle sezioni (classiche, moderne, tecniche ecc.) nelle scuole secondarie, infine il sistema delle opzioni, con un piú largo margine concesso alle occupazioni individuali di ogni alunno.

 

1. – Le classi parallele. Quando il numero degli scolari e il bilancio statale lo permettono, si suddivide ciascuna classe in una forte per i piú intelligenti ed una debole per quelli che seguono con maggiore difficoltà. Questo è già molto meglio di niente. Tali classi si differenziano sia perché il programma dell’una è ridotto, e vi si può procedere piú lentamente, sia perché essendo minore il numero degli alunni e possibile curare meglio i singoli, sia perché i metodi seguíti sono piú intuitivi. Questo sistema presenta il vantaggio di non essere soltanto una escogitazione astratta. [...]

 

2. – Le classi mobili. Si chiama cosí il sistema che permette all’alunno di seguire per le diverse materie lezioni di grado diverso. Cosí uno scolaro forte in aritmetica e debole in latino seguirà l’aritmetica con gli allievi del terzo anno e il latino con quelli del secondo. Questo sistema (senza dubbio molto razionale) è impiegato con successo in certe scuole nuove, ma importa difficoltà di applicazione, di orario, di promozione. Vi si dovrebbe ricorrere, mi pare, soltanto se non si potesse adottare alcun altro sistema piú semplice.

 

3. – Le sezioni parallele. Questo regime esiste in parecchi istituti secondari, specialmente nel nostro ove abbiamo le sezioni classica. “reale”, tecnica, pedagogica e, a fianco dell’istituto stesso, scuole professionali, di arte e mestieri, commerciali ecc.

Tale varietà offre senza dubbio possibilità di scelta di cui potrà beneficiare la cultura delle capacità speciali. Ma si tratta ancora, piú di indirizzi diversi di studio rivolti a mète differenti, anziché di vie aperte allo svolgimento delle attitudini individuali. Nell’interno stesso di ogni sezione, ritroviamo attitudini varie che non vi incontrano i mezzi di espansione di cui avrebbero bisogno.

Allora, moltiplicare le sezioni? Ma, prescindendo dalle difficoltà amministrative che ne risulterebbero, ciò non risolverebbe il problema. Da una parte, questa moltiplicazione, per quanto spinta, non risponderebbe a tutti i desideri individuali; d’altra parte, e soprattutto, quanto abbiamo detto all’inizio mostra che il problema delle attitudini va ben oltre quello dei programmi. L’attitudine, difatti, non è caratterizzata soltanto dalla preferenza per certe materie di studio, ma anche dal modo di coltivarle, dalla maniera di lavorare.

 

4. – Le opzioni. I diversi mezzi ora brevemente esaminati non soddisfano se non a metà il desideratum che il problema delle attitudini pone alle nostre coscienze di educatori. Come fare affinché ogni tipo individuale d’intelligenza tragga dalla scuola il massimo di beneficio che si ha il diritto di pretenderne? Il problema sembra disperato. La scuola, fatta per la media, potrà mai tener conto dei casi individuali? Non si può tuttavia avere una scuola per ciascun fanciullo! Eppure bisogna risolvere questo problema ché, in definitiva, nelle nostre società, l’individuo è tutto. Nello stesso interesse della collettività, bisogna che l’individuo sia capace del maggiore rendimento possibile.

Come fare dunque per realizzare ciò che avevo chiamato una volta, in una conferenza alla Società medica (nel 1901), “la scuola su misura”? E, poiché pronuncio questa frase, che è stata spesso citata, vorrei dissipare un malinteso: è stato creduto a volte che per “scuola su misura” intendessi una scuola ove si misurerebbero gli alunni! Vi è appena bisogno di dire che queste parole significano solamente una scuola adatta alla mentalità dei singoli, una scuola che sia cosí ben rispondente alle forme delle intelligenze come un vestito o una calzatura a quelle del corpo o del piede. [...]

Ebbene, poiché non si può avere una scuola per ciascun fanciullo, o per ciascun tipo di intelligenza, il sistema che risponderà al massimo ai desiderata della scuola su misura sarà quello che permetterà ad ogni alunno di raggruppare il piú liberamente possibile gli elementi favorevoli allo sviluppo delle sue attitudini particolari. Questo sistema è quello delle opzioni. In questi ultimi tempi si è cominciato ad auspicarlo da piú parti. E mi sembra il regime dell’avvenire.

Ecco, in poche parole come vedo la cosa, specialmente per le classi superiori degli istituti secondari: in primo luogo, diminuire notevolmente il numero delle ore settimanali obbligatorie di lezione, il che lascerà un margine per le diverse combinazioni che si intendono effettuare. Diciamo venti ore per settimana. È la dose ammessa per i licei francesi e mi sembra sia del tutto sufficiente. La metà circa di queste ore di lezione dovrebbero essere comuni a tutti gli alunni. Esse sarebbero dedicate allo svolgimento del programma minimo, degli elementi o dei fondamenti di ciascuna disciplina. Le altre dieci ore che ogni scolaro sarebbe obbligato a seguire, ognuno potrebbe sceglierle e combinarle liberamente fra quelle contenute nell’orario generale (come avviene nelle università). Queste lezioni liberamente scelte sarebbero complementi dei corsi generali, o studi speciali o anche lezioni di esercitazione nelle quali verrebbero approfonditi certi insegnamenti. Non è il caso che entri qui in particolari: basta attirare sul principio del sistema l’attenzione dei competenti.

Verrà sollevata contro questo progetto l’obbiezione di trascurare la cultura generale? La cultura generale! Ecco un altro problema interessante e alquanto confuso, che meriterebbe di essere trattato a parte. Non posso occuparmene questa sera. Osserviamo che si intende questa espressione, cultura generale, in due sensi un po’ diversi: per gli uni la cultura generale è il minimo di conoscenze che deve possedere un uomo colto, minimo necessario perché egli non si senta troppo disorientato quando gli capiti di uscire dalla sua specialità. Per gli altri, la cultura generale è una cultura che si rivolge a tutte le attività dello spirito, cosí alle funzioni di riflessione e di critica come all’immaginazione, alla lingua, ai sentimenti estetici, ecc. Sarebbe meglio dire, in questo caso, “cultura intellettuale”.

Ora, il sistema delle opzioni non urta contro nessuna di queste due concezioni della cultura generale. Il programma minimo previsto assicura l’acquisizione di quelle conoscenze comuni che devono costituire una specie di legame spirituale fra gli uomini dello stesso ambiente e della stessa generazione. (Si potrebbe del resto discutere sul problema di sapere se, di fatto, proprio le cognizioni scolastiche formano l’essenziale di quel patrimonio comune, se quel legame spirituale non dipende invece piuttosto dalle cognizioni non scolastiche ma acquisite via via mediante la lettura di giornali e libri, il teatro, le conversazioni, ecc. Ma lasciamo l’argomento, per ora).

Lo sviluppo delle attitudini speciali non nuoce neppure alla cultura intellettuale. Ché l’intelligenza, vale a dire la capacità di risolvere problemi nuovi, di immaginare ipotesi, di verificarle, l'intelligenza è sempre la stessa alla base di tutte le operazioni della mente. Occorre altrettanta intelligenza per tradurre un testo latino quanta per risolvere un problema di geometria. Variano solamente i materiali su e con i quali questa intelligenza lavora. Ma il congegno stesso dell’intelligenza è identico nei due casi.

Si crede spesso, ed importa dissipare tale pregiudizio che è ancora radicato in molte menti acute, che certe materie abbiano una propria virtú come fattori di sviluppo di determinate facoltà mentali: cosí le matematiche svilupperebbero il ragionamento, la composizione francese l’immaginazione, le scienze naturali l’osservazione, ecc. Ma l’osservazione, l'immaginazione, il ragionamento intervengono ovunque. Non occorre forse un grande rigore per concatenare senza contraddizioni le peripezie di un romanzo o di un dramma, e l’immaginazione non ha una funzione di primo piano nelle matematiche?

La verità è che i diversi individui non sono ugualmente atti a dispiegare la loro intelligenza in questi diversi campi. L’intelligenza, che è la stessa nella sua struttura profonda, un individuo non potrà applicarla se non a problemi letterari, un altro a problemi filologici, un terzo a problemi d’algebra. Perché? Non sappiamo; il fatto è innegabile, e questo soprattutto importa, per noi stasera. Ciascuna delle diverse discipline costituisce come un ambiente favorevole alla messa in moto dei processi intellettuali. Domandate ad un Enrico Poincaré di scrivere un romanzo d’avventure: tutt’a un tratto, le sue capacità piú brillanti si troveranno come paralizzate; domandate ad uno Zola di mettere la sua perseveranza instancabile al servizio di uno problema di trigonometria, il fallimento sarà certo. È come se si domandasse a degli esseri di muoversi in un ambiente per il quale non sono fatti. Le attitudini si presentano qui come organi adatti a un particolare ambiente. Un pesce non può navigare sulla terra non piú di quanto un coniglio possa correre nell’acqua. E tuttavia la funzione del nuoto e della corsa è la stessa in entrambi i casi: la locomozione. Ma sono necessarie attitudini speciali per compierla, a seconda dall’ambiente.

Anche i nostri ragazzi non possono dispiegare la loro intelligenza se non in un ambiente che ne favorisca la messa in opera. Vediamo dunque che un sistema, quale quello delle opzioni, che rispetti le attitudini e ne stimoli le virtualità, ben lungi dal nuocere alla cultura intellettuale, se ne rivela all’opposto la condizione necessaria.

Creiamo il piú rapidamente possibile questo ambiente favorevole, che permetterà ad ognuno di dare il massimo e di espandere la sua personalità.

E non dimentichiamo che lavorando per l’individuo, svolgendo le sue capacità, la sua originalità, mettendo in valore le sue forze e le sue ricchezze latenti, lavoriamo anche, e forse soprattutto, per la società.

R. Fornaca-R. S. Di Pol, Dalla certezza alla complessità. La psicologia scientifica del Novecento,
Principato,  Milano, 1993, pagg. 122-126