Cusano, L’importanza del numero

Il numero è “la ragione nel suo discernimento” e nello stesso tempo modello simbolico delle cose. Dal numero non si può prescindere.

 

N. Cusano, De coniecturis, l. I, cap. IV

 

Una specie di principio naturale da cui germoglia l’edificio degli enti di ragione è il numero; quelli infatti che mancano di intelletto, come gli animali, non numerano. Né altra cosa è il numero che la ragione nel suo dispiegamento. Talmente infatti si può provare che il numero è il principio di quegli enti che rientrano nella sfera della ragione che, tolto il numero, giustamente ci si convince che nulla di essi può sussistere. Né è diverso il fatto che la ragione si esplichi nel numero, e di esso si serva nella costruzione delle congetture, dal fatto che la ragione modella mediante se stessa tutte le cose, come in una suprema naturale immagine di sé, cosí come Dio, mente infinita, comunica a tutte le cose l’essere nel Verbo coeterno.

Né è possibile che qualche cosa sia prima del numero; tutte le cose diverse da esso infatti dicono che esso è necessariamente da presupporre. Tutte le cose infatti che escono dalla semplicissima unità, sono composte sulla base di essa. Né si può di certo comprendere composizione alcuna fuori del numero: sono infatti contemporaneamente da esso, e la pluralità delle parti, e la loro distinguibilità, e la proporzione in base alla quale si possono raccogliere insieme. Né sarebbe distinta la sostanza, distinta la quantità, distinto l’esser–bianco, distinto l’esser nero, e cosí ogni entità, senza l’alterità, che è, ed è per il numero. Ma il numero è composto sulla base della sua stessa natura; l’essere del tre deve infatti essere concepito sulla base di tre cose combinate e raccolte insieme, altrimenti non ci sarebbe un insieme di tre cose piú che se tu immaginassi a sé la parete, e a parte poi il tetto e il fondamento della casa, e poi pretendessi di avere in mente la forma della casa. Bisogna perciò che non separatamente, ma compositivamente in uno sia immaginato quello; e allora la combinazione di tre cose non sarà cosa diversa dallo schema del tre [ternarius]. Perciò questo si compone sulla base di se stesso.

Bisogna anche che la prima opposizione sia ridotta entro limiti [contracta], ciò che è impossibile fuori del numero. Ogni numero dunque risulta composto di diversi momenti contrapposti, e in tale misura rapportantisi l’uno all’altro, che essi siano [per il loro rapporto] il numero stesso. Il numero pari si oppone all’impari. Ed ogni numero, sia pari che dispari, risulta di pari e d’impari, cioè di se stesso; un insieme di quattro cose contiene in sé un insieme di tre che è dispari, e l’insieme di quattro che è pari. Che esso sia poi dalla combinazione di due ambi, non deve esser messo in relazione con l’essenza del quattro, ma con la sua quantità. In qual modo allora si potrebbe concepire qualcosa di piú simile alla mente che il numero? Non è forse ternaria l’unità del tre? L’immagine coincidente [aequalitas] del tre è ternaria. E cosí anche il rapporto costitutivo [connexio] del tre risulta ternario.

L’essenza del numero è dunque il primo esemplare della mente. In esso infatti si ritrova primitivamente la trinità, o la contratta unitrinità, simbolicamente impressa nella pluralità; e infatti noi congetturando dai numeri come enti di ragione della nostra mente, a quelli ineffabili e reali della mente divina, diciamo che nell’intenzione del creatore il primo modello delle cose è stato il numero stesso, a somiglianza del numero del mondo delle immagini [similitudinarius] che nasce dalla nostra ragione.

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 1046-1047