Cusano, La coincidentia oppositorum

Siamo di fronte a uno degli aspetti piú significativi della filosofia di Cusano: il tentativo di comprendere la possibilità di una coincidentia oppositorum quando il pensiero si rivolge a concetti-limite quali l'idea di massimo e l'idea di minimo. Questa coincidentia oppositorum, pur risultando in parte comprensibile se riferita al piano delle quantità, rimane comunque “trascendente le capacità del nostro intelletto”.

 

N. Cusano, De docta ignorantia, I, cap. IV

 

Il massimo, del quale nulla può essere piú grande, essendo in modo semplice ed assoluto piú grande di quel che da noi si possa capire, poiché è verità infinita, noi non lo cogliamo altrimenti che in modo incomprensibile. Non essendo infatti esso della natura di quelle cose che ammettono un termine che supera ed uno che sia superato, esso è al di sopra di tutto ciò che da noi può essere concepito [...].

È evidente che il minimo coincide con il massimo. E ciò ti sarà piú chiaro se ricondurrai il massimo ed il minimo nell'ambito della quantità. La massima quantità è infatti massimamente grande; la quantità minima è massimamente piccola. Libera dunque dalla quantità massimo e minimo, sottraendo intellettualmente l'esser grande e l'esser piccolo, e chiaramente vedrai che massimo e minimo coincidono. Cosí infatti è un superlativo il massimo come lo è il minimo. L'assoluta quantità pertanto non è piú massima che minima, poiché in essa coincidono massimo e minimo. Le opposizioni dunque convengono a quelle cose che ammettono termini che superano e termini superati, ed a queste cose convengono diverse opposizioni, ma in nessun modo ne convengono al massimo assoluto, poiché esso è al di sopra di ogni opposizione. Poiché quindi il massimo è assolutamente in atto tutte le cose che possono essere, e ciò al di fuori di qualunque opposizione, in modo che nel massimo cada identicamente il minimo, cosí esso è anche al di sopra di ogni affermazione come di ogni negazione. E tutto ciò che si concepisce come essere non è piú essere che non essere e non è piú non essere che essere. Ma esso è questa cosa in modo da essere tutte le cose, e cosí è tutte le cose da non esserne nessuna, e cosí massimamente ogni cosa determinata, che minimamente sia questa stessa cosa. Non è infatti diverso dire: “Dio che è la stessa massimità assoluta, è luce”, che dire: “Dio è massimamente luce, essendo minimamente luce”. [...]

Ma ciò trascende ogni possibilità del nostro intelletto che non sa mettere insieme nel proprio principio i contraddittori in modo razionale, poiché noi ci muoviamo attraverso quelle realtà che ci vengono mostrate dalla stessa natura, e questa, cadendo lontano da quella infinita incapacità, non sa congiungere insieme gli stessi contraddittori, come quelli che sono separati da una distanza infinita. Al di sopra di ogni discorso razionale pertanto noi vediamo incomprensibilmente che la massimità assoluta è infinita, e che ad essa non si oppone nulla, e che con essa coincide il minimo.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 1020-1021)