Di Napoli, Giustino dalla filosofia alla fede senza rinnegare la filosofia

Fra i Padri della Chiesa il rapporto tra filosofia e fede è visto in una gamma molto vasta di sfumature – dal rifiuto radicale sino al recupero piú o meno integrale della filosofia all’interno della dottrina cristiana –; Giustino assume una posizione che potremmo definire pragmatica: convertitosi da adulto al cristianesimo, egli utilizza quanto gli serve delle conoscenze filosofiche per portare avanti il suo discorso di fedele cristiano, senza preoccuparsi di segnare confini netti fra ragione e fede. Se è vero – come sostiene lo storico Giovanni Di Napoli – che Giustino si muove sostanzialmente sulla linea tracciata da Paolo di Tarso, non si può sottovalutare il carattere assolutamente nuovo – rispetto a san Paolo – della posizione di Giustino nei confronti della filosofia.

 

Giustino (100-165) è un convertito, diremmo, intellettuale, in quanto la sua adesione al cristianesimo avviene dopo l’esperienza culturale fatta nelle scuole filosofiche a lui contemporanee: stoica, peripatetica, pitagorica e platonica; egli stesso descrive nel Dialogo con Trifone (capp. 2-8) la storia del suo dramma spirituale; l’ultimo stadio del suo passare attraverso le scuole è il platonismo, in cui il filosofo-martire trova l’esaltazione dell’intelligibile; ma neppure il platonismo offre a Giustino quello che egli cerca – una compiuta sapienza come esauriente risposta al problema della vita – ed è quindi portato, il filosofo, al cristianesimo.

Risolto il suo personale problema, Giustino si porta a Roma e ivi apre una propria scuola; un filosofo cinico, Crescente, gli fa una lotta spietata, che si conclude con la morte di Giustino.

L’opera di san Giustino – nato da pagani occidentali in terra di Samaria – è rivolta ai due estremi fra cui il cristianesimo di allora era costretto a muoversi: ellenismo e giudaismo; del molto che scrisse ci restano due Apologie (polemica con il paganesimo) e il Dialogo con Trifone (polemica con il giudaismo). [...]

In san Giustino la “filosofia” è intesa come saggezza di vita, nella quale le fonti (rivelazione e ragione) sono considerate insieme, senza un approfondito studio sui loro rapporti; egli conosce e sottolinea la distinzione fra rivelazione e ragione, e cioè fra insegnamento poggiato sull’autorità di Dio e insegnamento poggiato sulla “dimostrazione”; ma non si cura di fissare compiti e limiti rispettivi; filosofia è per lui pure la dottrina rivelata, anzi la piú accreditata filosofia, nella quale, però, la funzione della ragione non è deprezzata né disprezzata, bensí inverata nella funzione della ragione che è Cristo. Siamo sostanzialmente nella linea di san Paolo, ma con la novità che la sapienza divina non è detta opposta alla sapienza umana, bensí includente ed elevante essa nella sua parte di verità.

 

(Giovanni Di Napoli, Teologia e filosofia nel pensiero cristiano, in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. V, pagg. 11-12)