Dostoevskij, Dietro al razionalismo c’è la morte dell’uomo

Non solo l’uomo non vive secondo i dettami della ragione, ma a volte egli ama la distruzione e il caos. Egli non è come le formiche, anzi per lui il razionalismo è “il principio della morte”.

 

F. M. Dostoevskij, Ricordi dal sottosuolo

 

Signori, io, si capisce, scherzo, e so da me che i miei scherzi non sono riusciti, ma pure non si può tutto prendere a scherzo quello che dico. Io forse scherzo colla bava alla bocca. Signori, c’è dei problemi che mi tormentano; risolvetemeli. Cosí per esempio voi volete distogliere l’uomo dalle sue antiche abitudini e correggere la sua volontà secondo quanto esigono la scienza e il buonsenso. Ma che cosa vi fa esser sicuri che non soltanto si può, ma si deve trasformare cosí l’uomo? Che cosa vi fa concludere che la volontà umana deve assolutamente esser corretta? Insomma, che cosa vi fa esser sicuri che una tale riforma tornerà davvero a vantaggio dell’uomo? E, per dir tutto, come mai siete tanto convinti che il non contrastare ai suoi veri e normali interessi, garantiti dagli argomenti della ragione e dell’aritmetica, sia davvero sempre vantaggioso per l’uomo e sia legge dell’umanità tutta? Ma questa, per adesso, è soltanto una vostra ipotesi! E poniamo pure che sia una legge della logica; ma forse non lo è affatto dell’umanità. Voi forse pensate, signori, che io sia pazzo? Lasciate però che mi spieghi. D’accordo: l’uomo è animale prevalentemente costruttore, condannato a tendere coscientemente a uno scopo e a esercitar l’arte dell’ingegnere, ossia a tracciarsi in eterno e senza posa una via, anche se non si sa dove meni. Ma forse appunto perché è condannato a tracciarsi questa via gli vien voglia ogni tanto di buttarsi fuoristrada, e magari anche perché, sia stupido l’uomo immediato e d’azione quanto si vuole, gli balena però talvolta pel capo che la via, come risulta, quasi sempre mena non si sa dove, e che l’importante poi non è dove meni, ma piuttosto e soltanto che, insomma proceda, e che il bravo ragazzo non sia portato a spregiare la propria arte d’ingegnere e non s’abbandoni cosí al rovinoso ozio, il quale è il noto padre di tutti i vizi. Dunque l’uomo ama costruire, e tracciare strade, è pacifico. Ma da che viene che ami appassionatamente anche la distruzione e il caos? Rispondete un po’ a questo! Ma su questo punto vorrei io stesso dirvi due parole in particolare. Non sarebbe forse dovuto, questo suo grande amore per la distruzione e pel caos (che talvolta li ami assai è anche pacifico e indiscutibile), al fatto che lui stesso istintivamente ha paura di raggiungere lo scopo e di portare a termine la costruzione? Che ne sapete, magari a lui l’edificio gli piace soltanto da lontano e da vicino niente affatto; magari viverci non gli piace, ma soltanto costruirlo, per poi lasciarlo aux animaux domestiques, quali formiche, pecoroni ecc. ecc. Le formiche però hanno tutt’altri gusti. Hanno, loro, una meravigliosa costruzione del genere, che sfida i secoli: il formicaio.

Dal formicaio le rispettabili formiche hanno cominciato, e col formicaio certamente finiranno, il che torna a grande onore della loro perseveranza e della loro posatezza. Ma l’uomo è creatura avventata ed assurda, e forse a lui come al giocatore di scacchi interessa soltanto il processo di raggiungimento dello scopo, non già lo scopo stesso. E, chissà (nessuno può giurare il contrario), forse lo scopo a cui tende l’umanità consiste unicamente nel mantenere ininterrotto questo processo di raggiungimento, in altre parole è la vita medesima, e non propriamente la meta da raggiungere, la quale, si capisce, non può esser altro che il due piú due quattro, ossia una formula, ma questo due piú due quattro non è piú la vita, bensí il principio della morte.

 

F. M. Dostoevskij, Ricordi dal sottosuolo, Bur, Milano, 1975, pagg. 53-54