Dostoevskij, Nuove forme di delinquenza

Dostoevskij osserva che se è vero che i delinquenti ci sono sempre stati, una volta essi erano consapevoli di esserlo, pur non pentendosi. Quelli nuovi invece sono convinti di aver avuto il diritto di fare ciò che hanno fatto o addirittura di aver agito per il bene.

 

F. M. Dostoevskij, L’idiota

 

“Volevo dire soltanto che la deformazione delle idee e delle convinzioni (per usare le stesse parole di Evgenij Pavlovic) è un fenomeno, disgraziatamente, piuttosto comune che particolare. Credo persino che se una tale deformazione non fosse tanto comune, non potrebbero neppure aver luogo quei delitti inverosimili...”

“Delitti inverosimili? Ma vi assicuro che simili delitti, e forse anche peggiori, accadevano anche prima, e non solo da noi, ma ovunque e, secondo me, continueranno a verificarsi ancora per molto tempo. L’unica differenza è questa: prima c’era meno pubblicità, mentre adesso se ne parla ad alta voce, e se ne scrive, dimodoché sembra che i delinquenti siano comparsi al mondo solo nei nostri tempi. Il vostro sbaglio, principe, sbaglio dovuto a un’estrema ingenuità, consiste appunto in questo,” concluse il principe Sc... sorridendo ironicamente.

“So benissimo anch’io che anche prima i delitti non furono meno frequenti né meno orrendi di adesso; ho visitato recentemente le prigioni e ho parlato con molti delinquenti. Ce ne sono di piú terribili del vostro, colpevoli di una diecina di omicidi, che non sentono il minimo pentimento. Ma ecco quanto ho notato: il piú feroce, il piú inveterato assassino, sa di essere un delinquente, cioè riconosce nella propria coscienza, pur non pentendosi, di aver agito male. E cosí è per ognuno di loro. Quelli, invece, di cui parla Evgenij Pavlovic, non vogliono considerarsi delinquenti e credono in fondo al loro cuore di aver avuto diritto di agire come hanno agito, anzi... credono persino di aver agito bene. In ciò consiste, secondo me, la terribile differenza fra i due casi. Notate pure che sono tutti giovanotti, quindi hanno l’età in cui è piú facile soccombere alla deformazione delle idee.”

 

F. M. Dostoevskij, L’idiota, Garzanti, Milano, 1978, vol. II, pagg. 423-424