Duhem, Fisica e metafisica

Pierre-Maurice Duhem (1861-1912), pur essendo profondamente religioso e cattolico convinto, e quindi deciso a non negare il valore della metafisica, si propone di tenere rigorosamente distinte fra loro la metafisica e la scienza.

 

P.-F. Duhem, La théorie physique, son objet et sa structure [“La teoria fisica, il suo oggetto e la sua struttura”] (1906)

 

La teoria fisica considerata come spiegazione. La prima domanda in cui ci imbattiamo è questa: Quale è l’oggetto di una teoria fisica? A questa domanda si sono date risposte diverse che possono venire tutte ricondotte a due punti capitali:

Una teoria fisica, hanno risposto certi logici, ha per oggetto la SPIEGAZIONE di un insieme di leggi stabilite sperimentalmente.

Una teoria fisica, hanno detto altri pensatori, è un sistema astratto che ha per scopo di RIASSUMERE e di CLASSIFICARE LOGICAMENTE un insieme di leggi sperimentali senza pretendere di spiegare queste leggi.

Esamineremo successivamente queste due risposte e peseremo le ragioni che abbiamo per ammettere o respingere ciascuna di esse. Cominceremo dalla prima, quella che considera una teoria fisica una spiegazione.

Che cos’è anzitutto una spiegazione? Spiegare, explicare, al fine di vedere questa realtà nuda e faccia a faccia.

L’osservazione dei fenomeni fisici non ci pone in rapporto con la realtà che si nasconde sotto le apparenze sensibili, ma con queste stesse apparenze sensibili, prese sotto una forma particolare e concreta. Le leggi sperimentali non hanno piú per oggetto la realtà materiale, ma trattano queste stesse apparenze sensibili prese, è vero, sotto forma astratta e generale. Spogliando, strappando i veli di queste apparenze sensibili, la teoria va a cercare, in esse e sotto di esse, ciò che è realmente nei corpi.

Per esempio, certi strumenti a corda o a vento hanno prodotto dei suoni che abbiamo ascoltato attentamente, che abbiamo sentito rinforzarsi o affievolirsi, salire o scendere, sfumarsi in mille modi, producendo in noi delle sensazioni uditive, delle emozioni musicali, ecco dei fatti acustici.

La nostra intelligenza, secondo le leggi che presiedono al suo funzionamento, ha fatto subire a queste sensazioni particolari e concrete un’elaborazione che ci ha fornito delle nozioni generali e astratte: intensità, altezza, ottava, accordo perfetto maggiore o minore, timbro etc. Le leggi sperimentali dell’acustica hanno per oggetto di enunciare dei rapporti fissi tra queste nozioni e altre nozioni ugualmente astratte e generali. Una legge ci insegna, per esempio, quale relazione esiste tra le dimensioni di due corde di uno stesso metallo che danno due suoni di identica altezza o due suoni ad un’ottava l’uno dall’altro.

Ma queste nozioni astratte, intensità di un suono, altezza, timbro, rappresentano solo alla ragione i caratteri generali della nostra percezione sonora; esse le fanno conoscere il suono quale esso è rispetto a noi, non quale è in se stesso, nei corpi sonori. Questa realtà, di cui le nostre sensazioni sono solo l’esterno e il velo, ce la faranno conoscere le teorie acustiche. Queste ci insegneranno che dove le nostre percezioni affermano soltanto l’apparenza che noi chiamiamo il suono, esiste in realtà un movimento periodico, piccolissimo e rapidissimo, che l’intensità e l’altezza sono solo gli aspetti esterni dell’ampiezza e della frequenza di questo movimento, che il timbro è la manifestazione apparente della struttura reale di questo movimento, la sensazione complessa che risulta dai movimenti pendolari diversi nei quali si può studiarlo minuziosamente; le teorie acustiche sono dunque delle spiegazioni.

La spiegazione offerta dalle teorie acustiche delle leggi sperimentali che reggono i fenomeni sonori raggiunge la certezza; i movimenti ai quali esse attribuiscono tali fenomeni, esse riescono, in un gran numero di casi, a farceli vedere con i nostri occhi, a farceli toccare con dito.

Nella maggioranza dei casi, la teoria fisica non può raggiungere questo grado di perfezione, non può darsi come una spiegazione certa delle apparenze sensibili; la realtà che essa proclama risiedere sotto le apparenze non può essere messa alla portata dei nostri sensi. La teoria si accontenta allora di provare che tutte le nostre percezioni si producono come se la realtà fosse ciò che afferma; una teoria del genere è una spiegazione ipotetica.

Si prenda, per esempio, l’insieme dei fenomeni osservati dal senso della vista; l’analisi razionale di tali fenomeni ci porta a concepire certe nozioni astratte e generali come esprimenti i caratteri che ritroviamo in ogni percezione luminosa: colore semplice o complesso, brillantezza, etc. Le leggi sperimentali dell’ottica ci fanno conoscere dei rapporti fissi tra queste nozioni astratte e generali e altre nozioni analoghe. Una legge collega per esempio l’intensità della luce gialla riflessa da una lamina sottile allo spessore di questa lamina e all’angolo di incidenza dei raggi che la illuminano.

La teoria vibratoria della luce dà una spiegazione ipotetica di queste leggi sperimentali. Essa suppone che tutti i corpi che vediamo, che sentiamo, che pesiamo sono immersi in un mezzo inaccessibile ai sensi e imponderabile, che chiama etere. A questo etere essa attribuisce alcune proprietà meccaniche; ammette inoltre che ogni luce semplice è una piccolissima e rapidissima vibrazione trasversale di questo etere, che la frequenza è l’ampiezza di questa vibrazione caratterizzano il colore di questa luce e la sua brillantezza ed essa prova, senza poter farci percepire l’etere e senza metterci in grado di constatare de visu il va-e-vieni della vibrazione luminosa, che i propri postulati comporterebbero delle conseguenze interamente conformi alle leggi che l’ottica sperimentale ci fornisce.

 

Secondo la precedente opinione, la fisica teorica è subordinata alla metafisica. Se una teoria fisica è una spiegazione, essa non raggiunge lo scopo fintanto che non scarta ogni apparenza sensibile per afferrare la realtà fisica. Per esempio, le ricerche di Newton sulla dispersione della luce ci hanno insegnato a decomporre la sensazione che una luce come quella emanata dal sole ci fa provare. Esse ci hanno insegnato che questa luce è complessa, che si risolve in un certo numero di luci piú semplici, dotate, ciascuna, di un colore determinato e invariabile. Ma queste luci semplici o monocromatiche sono delle rappresentazioni astratte e generali di certe sensazioni, sono ancora delle apparenze sensibili; abbiamo dissociato un’apparenza complicata in altre apparenze piú semplici, ma non siamo pervenuti a delle realtà, non abbiamo dato una spiegazione degli effetti colorati, non abbiamo costruito una teoria ottica.

In questo modo, per giudicare dunque se un insieme di proposizioni costituisce o no una teoria fisica, dobbiamo esaminare se le nozioni che collegano queste proposizioni esprimono sotto forma astratta e generale gli elementi che realmente costituiscono le cose materiali, oppure se queste nozioni rappresentano soltanto i caratteri universali delle nostre percezioni.

Perché un esame di tal genere abbia un senso, perché ci si possa proporre di svolgerlo, si deve prima di tutto considerare certa questa affermazione: sotto le apparenze sensibili che le sensazioni ci rivelano esiste una realtà distinta da tali apparenze.

Ammesso questo punto, senza il quale la ricerca di una spiegazione fisica sarebbe inconcepibile, non è possibile dire di aver raggiunto una simile spiegazione finché non si è data una risposta a questa domanda: qual è la natura degli elementi che costituiscono la realtà materiale?

Orbene, queste due domande:

Esiste una realtà materiale distinta dalle apparenze sensibili?

Di quale natura è fatta questa realtà? non risultano affatto dal metodo sperimentale: questo non conosce altro che delle apparenze sensibili e non potrebbe scoprire nulla che vada al di là di esse. La soluzione di questi interrogativi trascende i metodi di osservazione di cui la fisica fa uso; essa è oggetto della metafisica.

Pertanto, se le teorie fisiche hanno per oggetto la spiegazione delle leggi sperimentali, la fisica teorica è una scienza autonoma, ma è subordinata alla metafisica.

 

Secondo l’opinione precedente, il valore di una teoria fisica dipende dal sistema metafisico che si adotta. Le proposizioni che concorrono a comporre le scienze puramente matematiche sono al massimo grado delle verità per consenso universale; la precisione del linguaggio, il rigore delle procedure dimostrative, non danno adito a nessuna durevole divergenza tra le concezioni dei diversi geometri; attraverso i secoli, le dottrine si sviluppano con un progresso continuo, senza che le nuove conquiste facciano perdere nulla degli ambiti anteriormente acquisiti.

Non c’è pensatore che non auguri alla scienza, che studia, un corso pacifico e regolare quanto quello delle matematiche, ma se c’è una scienza per la quale tale auspicio sembra particolarmente legittimo, questa è proprio la fisica teorica; infatti, fra tutte le branche conoscitive, essa è sicuramente quella che si discosta meno dall’algebra e dalla geometria.

Tuttavia, mettere le teorie fisiche alle dipendenze della metafisica non è certo la maniera di assicurare loro il beneficio del consenso universale. In realtà, nessun filosofo, per quanto abbia fiducia nel valore dei metodi che servono a trattare i problemi metafisici, potrebbe contestare questa verità di fatto: che si passino in rassegna tutti gli ambiti in cui si esercita l’attività intellettuale dell’uomo; in nessuno di tali ambiti, i sistemi sbocciati in diverse epoche e i sistemi contemporanei scaturiti da diverse Scuole appariranno distinti con maggiore profondità, separati con maggiore durezza, opposti con maggiore violenza di quanto avvenga nel campo della metafisica.

Se la fisica teorica è subordinata alla Metafisica, le divisioni che separano i diversi sistemi metafisici si prolungano nell’ambito della fisica. Una teoria fisica, ritenuta soddisfacente dai seguaci di una Scuola metafisica, sarà respinta dai partigiani di un’altra Scuola. (...)

 

Koyré - Duhem - Bachelard - Foucault, La verità degli eretici, a cura di P. Redondi, Il Saggiatore, Milano, 1978, pagg. 53-58