Epicuro, Il bene coincide con il piacere

L’identificazione del bene con il piacere è il segno che ha distinto per secoli l’epicureismo; ma spesso è stato dimenticato il resto del messaggio di Epicuro: il segreto del piacere è la moderazione.

 

Epistola a Meneceo, 129-132

 

1      E per questo noi diciamo che il piacere è principio e termine estremo di vita felice. Esso noi sappiamo che è il bene primo e a noi connaturato, e da esso prendiamo inizio per ogni atto di scelta e di rifiuto, e ad esso ci rifacciamo giudicando ogni bene in base alle affezioni assunte come norma. E poiché questo è il bene primo e connaturato, per ciò non tutti i piaceri noi eleggiamo, ma può darsi anche che molti ne tralasciamo, quando ad essi segue incomodo maggiore; e molti dolori consideriamo preferibili ai piaceri quando piacere maggiore ne consegua per aver sopportato a lungo i dolori. Tutti i piaceri dunque, per loro natura a noi congeniali, sono bene, ma non tutti sono da eleggersi; cosí come tutti i dolori sono male, ma non tutti sono tali da doversi fuggire.

2      In base al calcolo e alla considerazione degli utili e dei danni bisogna giudicare tutte queste cose. Talora infatti esperimentiamo che il bene è per noi un male, e di converso il male è un bene.

3      Consideriamo un gran bene l’indipendenza dai desideri, non perché sempre dobbiamo avere solo il poco, ma perché, se non abbiamo il molto, sappiamo accontentarci del poco; profondamente convinti che con maggior dolcezza gode dell’abbondanza chi meno di essa ha bisogno, e che tutto ciò che natura richiede è facilmente procacciabile, ciò che è vano difficile a ottenersi. I cibi frugali inoltre danno ugual piacere a un vitto sontuoso, una volta che sia tolto del tutto il dolore del bisogno, e pane e acqua danno il piacere piú pieno quando se ne cibi chi ne ha bisogno. L’avvezzarsi a un vitto semplice e frugale mentre da un lato dà la salute, dall’altro rende l’uomo sollecito verso i bisogni della vita, e quando, di tanto in tanto, ci accostiamo a vita sontuosa ci rende meglio disposti nei confronti di essa e intrepidi nei confronti della fortuna.

4      Quando dunque diciamo che il piacere è il bene completo e perfetto non intendiamo i piaceri dei dissoluti o quelli delle crapule, come credono alcuni che ignorano o non condividono o male interpretano la nostra dottrina, ma il non aver dolore nel corpo né turbamento nell’anima. Poiché non banchetti e feste continue, né il godersi fanciulli e donne, né pesci e tutto quanto offre una lauta mensa dà vita felice, ma saggio calcolo che indaghi le cause di ogni atto di scelta e di rifiuto, che scacci le false opinioni dalle quali nasce quel grande turbamento che prende le anime.

5      Di tutte queste cose il principio e il massimo bene è la prudenza; per questo anche piú apprezzabile della filosofia è la prudenza, dalla quale provengono tutte le altre virtú, che insegna come non vi può essere vita felice senza che essa sia saggia e bella e giusta, né saggia bella e giusta senza che sia felice. Le virtú sono infatti connaturate alla vita felice, e questa è inseparabile da esse.

 

(Epicuro, Opere, Einaudi, Torino, 1970, pagg. 63-65)