Feyerabend, L’anarchia epistemologica

Se la teoria anarchica è discutibile in campo politico, è invece utile ed auspicabile nel campo dell’epistemologia.

 

P. K. Feyerabend, Contro il metodo, trad. it. di L. Sosio, Feltrinelli, Milano, 1979, pagg. 15-17 e 21-22

 

L'idea di un metodo che contenga princípi fermi e immutabili e assolutamente vincolanti come guida nell'attività scientifica si imbatte in difficoltà considerevoli quando viene messa a confronto con i risultati della ricerca storica. Troviamo infatti che non c'è una singola norma, per quanto plausibile e per quanto saldamente radicata nell'epistemologia, che non sia stata violata in qualche circostanza. Diviene evidente anche che tali violazioni non sono eventi accidentali, che non sono il risultato di un sapere insufficiente o di disattenzioni che avrebbero potuto essere evitate. Al contrario, vediamo che tali violazioni sono necessarie per il progresso scientifico. In effetti, uno fra i caratteri che piú colpiscono delle recenti discussioni sulla storia e la filosofia della scienza è la presa di coscienza del fatto che eventi e sviluppi come l'invenzione dell'atomismo nell'Antichità, la rivoluzione copernicana, l'avvento della teoria atomica moderna (teoria cinetica; teoria della dispersione; stereochimica; teoria quantistica), il graduale emergere della teoria ondulatoria della luce si verificarono solo perché alcuni pensatori o decisero di non lasciarsi vincolare da certe norme metodologiche “ovvie” o perché involontariamente le violarono.

Questa libertà di azione, lo ripeto, non è solo un fatto della storia della scienza. Esso è sia ragionevole sia assolutamente necessario per la crescita del sapere. Piú specificamente, si può dimostrare quanto segue: data una norma qualsiasi, per quanto “fondamentale” o “necessaria” essa sia per la scienza, ci sono sempre circostanze nelle quali è opportuno non solo ignorare la norma, ma adottare il suo opposto. Per esempio, ci sono circostanze nelle quali è consigliabile introdurre, elaborare e difendere ipotesi ad hoc, o ipotesi che contraddicano risultati sperimentali ben stabiliti e universalmente accettati, o ipotesi il cui contenuto sia minore rispetto a quello delle ipotesi alternative esistenti e adeguate empiricamente, oppure ancora ipotesi autocontraddittorie ecc.

Ci sono addirittura circostanze – le quali si verificano anzi piuttosto spesso – in cui il ragionamento perde il suo aspetto orientato verso il futuro diventando addirittura un impaccio al progresso.

 

K. R. Popper, Logica della ricerca e società aperta, Antologia a cura di D. Antiseri, La Scuola, Brescia, 1989, pagg. 319 e 321-322