Frank, Filosofia e fisica

Philipp Frank (1884-1996) collaborò alla stesura del “manifesto” del Circolo di Vienna. Il testo che proponiamo alla lettura è tratto da una conferenza tenuta a Copenaghen sulle erronee interpretazioni della fisica quantistica.

 

Ph. Frank, Errate interpretazioni filosofiche della fisica dei quanti

 

Appena nasce una nuova teoria fisica, essa viene usata per contribuire in qualche modo alla soluzione delle questioni controverse della filosofia. le questioni a cui i filosofi hanno lavorato per secoli senza avvicinarsi d’un passo alla soluzione. Gli esempi che s’affacciano alla memoria sono numerosi. Quando J. J. Thomson dimostrò che ogni particella carica d’elettricità ha un’inerzia, precisamente come una massa meccanica, e stabilí una formula per il calcolo della massa meccanica di una particella in base alla carica e alle dimensioni; questi risultati diedero spunto ad argomentazioni volte a dimostrare che la materia è soltanto un fantasma. In essi si trovò un argomento a favore della visione idealistica del mondo, e contro il materialismo. Interpretazioni analoghe vennero proposte quando nacque l’energetica, e i fenomeni vennero rappresentati come trasformazioni d’energia, piuttosto che come effetto delle collisioni delle masse. La teoria della relatività introdusse poi lo spazio non euclideo tridimensionale in cui hanno luogo i processi direttamente osservabili della vita quotidiana. In seguito, la meccanica ondulatoria, invece che con l’aiuto delle particelle di massa, descrisse i processi fisici con l’aiuto del concetto di probabilità, che è stato sovente definito un fattore puramente spirituale. Sembra che l’elemento spirituale sostituisca dappertutto la materia grossolana.

Tali interpretazioni vennero associate particolarmente alla teoria di Niels Bohr sulla natura complementare di certe descrizioni fisiche, da cui si sperava di trarre argomentazioni in favore della biologia vitalistica e del libero arbitrio.

Passando in rassegna tutte queste interpretazioni, emerge il fatto accertabile empiricamente che esse tutte incoraggiano un movimento verso una certa rappresentazione del mondo: non si tratta di rappresentazioni del mondo diverse; è sempre la stessa che ricorre periodicamente.

[...] Di grande interesse scientifico è la struttura logica di queste erronee interpretazioni filosofiche. L’associazione delle idee che porta ad esse consiste di due stadi. Prima, le proposizioni fisiche, che sono in realtà asserzioni su processi osservabili, vengono considerate asserzioni intorno a un mondo reale metafisico. Tali espressioni non hanno significato scientifico, poiché non possono essere né confermate né contraddette da nessuna osservazione. Il primo stadio quindi sta nel passaggio a una proposizione metafisica senza significato. Nel secondo stadio tale proposizione, mutando appena i vocaboli che la costituiscono, ridiventa una proposizione che ha un significato, ma che non appartiene piú al campo della fisica, esprimendo a questo punto l’augurio che gli uomini si comportino in un certo modo. Quest’ultima proposizione perciò non è piú metafisica, ma è diventata un principio della morale? dell’etica, o di qualche altro sistema di condotta.

Si potrebbero addurre numerosi esempi di siffatti procedimenti a due stadi. Scegliamo, per la sua estrema semplicità, il noto esempio della massa elettromagnetica. J. J. Thomson formulò la proposizione puramente fisica che ogni corpo con una carica elettrica possiede un’inerzia meccanica, calcolabile in base alla sua carica. A ciò venne aggiunta l’ipotesi, similmente fisica, che allo stesso modo si potesse calcolare la intera massa del corpo. Successivamente i filosofi trasformarono quest’ipotesi in un principio metafisico, dicendo: “nel mondo reale non esiste affatto una massa meccanica”. Ovviamente tale principio non ha un contenuto scientifico: da esso non derivano fatti osservabili. Venne poi il secondo stadio: si asserí che il mondo materiale, come mera illusione, non ha importanza rispetto al mondo dello spirito, perciò l’uomo nelle sue azioni può, o deve, trascurare ogni eventuale mutamento del mondo materiale, per dedicarsi alla perfezione spirituale.

Quando siffatti auspici vengono espressi da gruppi influenti, il fatto, naturalmente, è significativo e ha grande importanza nella vita umana, pur tuttavia non esiste evidentemente nessuna connessione logica con la teoria elettromagnetica della materia, e l’intera cosa nasce solo da questa erronea interpretazione in due stadi.

La parte essenziale dell’interpretazione erronea è il passaggio attraverso il mondo metafisico “reale”. L’interpretazione erronea pertanto si può evitare solo tentando di creare un corto circuito diretto tra il principio fisico e il principio morale. Ciò può essere stabilito, per esempio, mediante l’uso corrente del “linguaggio fisicalistico” che Neurath e Carnap hanno proposto come il linguaggio universale della scienza.

Secondo la “sintassi logica” di Carnap, l’origine di queste interpretazioni erronee sta sempre nell’uso del “modo materiale di parlare”. Il contrasto tra massa “apparente” e “reale” è fatto passare per l’affermazione di un fatto del mondo osservabile, mentre in realtà è una regola sintattica sull’uso della parola “reale”. Solo la formula circa la relazione tra carica elettrica e inerzia è un’espressione del mondo osservabile.

L’interpretazione erronea delle teorie della relatività e dei quanti ha la stessa struttura logica. La prima di tali teorie venne usata per dare un fondamento alla fede nella predestinazione, la seconda per fornire argomenti scientifici in favore della “spontaneità d’azione” e della “libertà della volontà”. [...]

Le interpretazioni filosofiche erronee della meccanica quantistica si comprenderanno meglio se teniamo presente che le stesse tendenze, viste nell’interpretazione delle teorie precedenti, compaiono anche qui, e che il processo si svolge, tanto nella sua logica quanto nella sua psicologia, esattamente lungo le stesse linee.

Occorre prima di tutto aver chiaro il significato della concezione di complementarità in fisica.

Spesso si legge questa formulazione: “È impossibile misurare simultaneamente la posizione e la velocità di una particella in movimento”. Il mondo quindi, appunto come dice la meccanica classica, è fatto di particelle aventi posizioni e velocità definite, che purtroppo però non riusciamo mai a conoscere. Questa esposizione in cui gli stati delle particelle hanno la funzione della “cosa in sé” della filosofia idealistica, porta a innumerevoli pseudoproblemi. Introduce oggetti fisici, cioè particelle con posizioni e velocità definite, a proposito delle quali le leggi fisiche della meccanica quantistica non rivelano assolutamente nulla. [...]

Un modo diverso d’esporre la situazione sta nel dire che le particelle “in generale non possiedono simultaneamente posizioni e velocità definite”. Questo modo di esprimersi mi sembra presentare questa difficoltà: la combinazione “particelle con una posizione o velocità indefinita” viola le regole sintattiche, secondo cui le parole “particella”, “posizione” e “indefinito” sono usate normalmente nella fisica e nella vita quotidiana. Naturalmente non ci sarebbero obiezioni, se si introducesse una nuova sintassi da applicare a queste parole quando sono usate nella meccanica quantistica. (...) Tuttavia sorgono grossolani malintesi non appena si applichi questo modo di parlare a questioni che non appartengono piú alla teoria quantistica. [...]

Io credo che occorra mantenere quanto piú esattamente possibile, come punto di partenza per una formulazione corretta dell’idea di complementarità, la formulazione enunciata da Bohr nel 1936.

La meccanica quantistica non tratta né di particelle le cui posizioni e velocità esistono, ma non si possono osservare accuratamente, né di particelle con posizioni e velocità indefinite. Tratta invece di apparati sperimentali che si descrivono senza potere impiegare simultaneamente le espressioni “posizione d’una particella” e “velocità di una particella”. Se descrivendo un apparato sperimentale si può usare l’espressione “posizione d’una particella”, non si può usare, nella descrizione dello stesso apparato, l’espressione “velocità d’una particella”, e viceversa. [...]

 

Per esprimere l’idea della complementarità della fisica nel modo piú vicino alla formulazione di Bohr, in modo tale che essa non porti ad alcuna errata interpretazione di stampo metafisico (...) si dovrà procedere in qualche modo come segue.

Il linguaggio nel quale ricorrono affermazioni quali: “la particella si trova in questo luogo e si muove a questa velocità” si addice a degli esperimenti che comportano procedimenti meccanici grossolani, e non può essere usato per descrivere in modo soddisfacente i processi atomici. Tuttavia, è possibile fornire un insieme di accorgimenti sperimentali per il campo atomico, nella descrizione dei quali si possa usare l’espressione “posizione di una particella”. Nella descrizione di questi esperimenti, e proprio in ciò consiste l’idea di Bohr, l’espressione “velocità di una particella” non può essere usata. Nel campo della fisica atomica, quindi, possono essere usate alcune porzioni del linguaggio della meccanica grossolana. Tuttavia, gli accorgimenti sperimentali, nella descrizione dei quali tali porzioni di linguaggio possono essere usate, si escludono reciprocamente.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XXVIII, pagg. 150-154