FICHTE, L'AUTARCHIA ECONOMICA

 

Oh se la buona sorte dei tedeschi li avesse sempre preservati dal prender parte indiretta allo sfruttamento delle Americhe, come essa li preservò un tempo dal partecipare direttamente al bottino! Oh se la credulità e il desiderio di vivere con raffinatezza come gli altri popoli, non ci avesse mai reso indispensabili i superfluissimi prodotti degli altri continenti, e per quel che riguarda i prodotti meno superflui, avessimo noi badato a procacciare condizioni di vita più agiate ai nostri liberi concittadini anziché voler ricavare guadagno dal sudore e dal sangue dei poveri schiavi d’oltre oceano! Così agendo non avremmo offerto un pretesto alla nostra attuale sorte, non saremmo combattuti come compratori e non vedremmo rovinato il nostro mercato. Quasi dieci anni fa, prima che chiunque potesse prevedere ciò che accadde poi, qualcuno consigliò ai tedeschi di emanciparsi dal commercio mondiale, e di costituirsi commercialmente in Stato Chiuso. Tale proposta urtò contro le nostre usanze, specialmente contro il nostro culto dell’oro monetato, perciò fu combattuta aspramente e respinta. Ora – costretti dalla prepotenza straniera e con umiliazione – impariamo a far senza di queste e di molte altre cose, cui allora non sapemmo dignitosamente e liberamente rinunziare. Potessimo noi afferrare questa occasione – mentre il godimento non ci corrompe – per rettificare una buona volta la nostra maniera di pensare. Potessimo aprir gli occhi e convincerci che tutti quei vertiginosi sistemi edificati sul commercio mondiale e la fabbricazione mondiale si addicono allo straniero, e fanno parte dell’armamentario con cui esso ci ha sempre combattuti, ma che presso i tedeschi non possono venir applicati; e che – dopo la compattezza – l’indipendenza commerciale e l’autarchia sono il mezzo per salvare la Germania, e colla Germania, L’Europa.

 

(Fichte, Discorsi alla Nazione tedesca)