Goldmann, L’atteggiamento complessivo come approccio al marxismo

Goldmann chiarisce l’ipotesi di base della sua opera, cioè chei fatti umani hanno sempre il carattere di strutture significative”. Questa ipotesi, applicata anche al marxismo, impedisce la possibilità stessa della formulazione di un’etica e di una sociologia marxiste in nome del connubio indissolubile fra teoria e prassi. L’unico approccio corretto al marxismo è l’“atteggiamento complessivo”, che può essere designato anche con il termine “fede”. (pari=scommessa).

 

L. Goldmann, Il dio Nascosto [Le dieu caché]

 

Effettivamente alla base di questo lavoro sta un’ipotesi generale che occorre formulare in maniera esplicita tanto piú che da parte nostra è presa rigorosamente sul serio accettandone tutte le conseguenze metodologiche: l’ipotesi cioè che i fatti umani hanno sempre il carattere di strutture significative di cui solo uno studio genetico può dare contemporaneamente la comprensione e la spiegazione: comprensione e spiegazione che sono – salvo casi eccezionali ma che proprio per questo non possono essere tenuti in considerazione da una metodologia della ricerca – inseparabili per ogni studio positivo di questi stessi fatti.

Sarebbe forse utile aggiungere subito che come per il pari di Pascal, per i postulati pratici di Kant e per il socialismo di Marx, le ragioni che ci spingono a partire da questa ipotesi sono nello stesso tempo teoriche e pratiche. Teoriche perché essa ci sembra la sola che permetta di stabilire la conoscenza, piú conforme alla realtà obiettiva, del significato e del concatenamento dei fatti; pratiche nella misura in cui ci permette di giustificare la scienza attraverso la sua funzione umana e l’uomo attraverso l’immagine che di lui ci dà la conoscenza piú rigorosa e precisa che possiamo raggiungere.

Tuttavia dire che questa ipotesi è alla base del pensiero marxista significa affermare implicitamente il carattere erroneo di tutta una serie di interpretazioni di questa filosofia che, separando il teorico dal pratico, fa uso dei concetti, che a noi sembrano contraddittori, di etica e di sociologia marxista.

Nella misura stessa in cui la parola “etica” significa un insieme di valori accettati indipendentemente dalla struttura della realtà e la parola “sociologia” un insieme – sistematico o meno – di giudizi di fatto indipendenti dai giudizi di valore, ogni etica ed ogni sociologia divengono estranee e contrarie ad una filosofia la quale afferma che nessun valore deve essere riconosciuto ed ammesso se non nella misura in cui tale riconoscimento è fondato sulla conoscenza positiva ed obiettiva della realtà, cosí come ogni conoscenza valida della realtà non può che essere fondata su una pratica – cioè sul riconoscimento esplicito od implicito di un insieme di valori – conforme al progresso della storia. Non possono esservi né una “etica” né una “sociologia” marxiste per la semplice ragione che i giudizi marxisti di valore vogliono essere scientifici e che la scienza marxista vuol essere pratica e rivoluzionaria.

La qual cosa significa che, quando si tratta della conoscenza positiva della vita umana o dell’azione politica o sociale, i concetti di “scienza” e di “etica” divengono astrazioni secondarie e – nella misura stessa in cui si cerca di separarle l’una dall’altra – deformanti dell’atteggiamento complessivo che ci sembra l’unico valido e che abbraccia contemporaneamente in una unità organica la comprensione della realtà sociale, il valore che la giudica e l’azione che la trasforma.

Per designare questo atteggiamento complessivo ci sembra che si possa impiegare, rispettando l’essenziale del suo significato corrente, il termine fede, ben inteso a condizione di averlo preventivamente depurato dalle contingenze individuali, storiche e sociali che lo legano a questa o quella religione ben determinata, o alle religioni positive in generale. Effettivamente non ci è noto un altro termine che indichi con altrettanta precisione il fondamento dei valori nella realtà e il carattere differenziato e gerarchizzato di ogni realtà in rapporto ai valori.

Indubbiamente l’impiego del termine “fede” implica dei pericoli evidenti, dovuti soprattutto al fatto che il socialismo marxista che si è sviluppato a partire dal XIX secolo in costante opposizione ad ogni religione rivelata che affermi l’esistenza di una trascendenza soprannaturale e sopra-storica (e che superava, integrandoli, non solamente l’agostinismo ma anche il razionalismo illuminista), ha in realtà posto quasi sempre l’accento sia sulla propria tradizione razionalista che ne faceva a giusto titolo l’erede e il continuatore dello sviluppo del Terzo Stato e delle sue rivoluzioni ancora tanto vicine, sia sulla propria opposizione – indubbiamente reale – al cristianesimo.

Per questo motivo parlando di “fede” (parola riservata finora per lo piú alle religioni rivelate della trascendenza soprannaturale) si dà quasi inevitabilmente l’impressione di abbandonare l’interpretazione tradizionale e di voler cristianizzare il marxismo o per lo meno di volervi introdurre taluni elementi di quella trascendenza.

In realtà, le cose non stanno cosí. La fede marxista è una fede in un avvenire storico costruito dagli uomini, o piú esattamente che noi dobbiamo costruire con la nostra attività, un pari sul successo delle nostre azioni; la trascendenza che costituisce l’oggetto di questa fede non è piú soprannaturale né sopra-storica, ma sopra-individuale, nulla di piú ma anche nulla di meno. Ciò tuttavia basta perché il pensiero marxista si riannodi, al di là di sei secoli di razionalismo tomista e cartesiano, alla tradizione agostiniana; e ciò ben inteso non a proposito della trascendenza (su essa la loro differenza resta radicale) ma nella affermazione comune alle due dottrine che i valori sono fondati in una realtà obiettiva non assolutamente ma relativamente conoscibile (Dio per sant’Agostino, la storia per Marx) e che la conoscenza piú obiettiva che l’uomo possa raggiungere di ogni fatto storico presuppone il riconoscimento di questa realtà – trascendente o sopra-individuale – come valore supremo.

Bisogna poi ricordare un’altra differenza capitale fra queste due posizioni: il Dio agostiniano esiste indipendentemente da ogni volontà e da ogni azione umana, mentre l’avvenire storico è una creazione delle nostre volontà e delle nostre azioni. L’agostinismo è certezza di una esistenza, il marxismo scommessa su una realtà che noi dobbiamo creare, tra le due è la posizione di Pascal: pari sull’esistenza di un Dio soprannaturale, indipendente da ogni volontà umana.

 

L. Goldmann, Pascal e Racine, Lerici, Milano, 1961, pagg. 129-132