Goldmann, Pascal e Marx

Pascal e Marx sono due pensatori dialettici. Goldmann ne mette in evidenza la somiglianza nel modo con cui hanno proposto, in un rapporto dialettico tra le prove razionali ed il salto nella fede, l’uno il cristianesimo e l’altro il comunismo.

 

L. Goldmann, Il dio Nascosto [Le dieu caché]

 

Non ci soffermeremo sui numerosi frammenti – di grande importanza per la comprensione della filosofia pascaliana, benché oggi, in parte, superati – che riguardano le prove positive della religione cristiana: profezie, miracoli, perpetuità, stile dei vangeli, ecc.

Questi testi pongono allo storico della filosofia un problema che non è specificatamente pascaliano ma interessa tutte le forme di pensiero tragico e dialettico (Kant, Hegel, Marx e Lukács): quello di sapere in che misura un atto di fede, indipendente da ogni considerazione teorica, nell’esistenza reale o nella realizzazione futura dei valori (esistenza e realizzazione non conoscibili in modo certo sul piano teorico) sia compatibile con lo sforzo per reperire il massimo di argomenti non coercitivi atti a provare sul piano teorico la fondatezza di questa fede; meglio ancora in che misura esiga tale sforzo.

Minima è la differenza tra il ragionamento secondo cui Pascal non poteva “scommettere” di persona perché ha accennato piú volte all’esistenza di prove della religione cristiana e quello che rimprovera a Marx di “contraddirsi” affermando da un lato l’inevitabile realizzazione della società socialista e dall’altro chiedendo agli uomini di agire e di lottare per questa realizzazione. L’uno e l’altro ragionamento derivano dalla medesima incomprensione del carattere dialettico della realtà umana di cui soffrono un razionalismo e un empirismo che separano radicalmente i “giudizi di fatto” dai “giudizi di valore”.

 

L. Goldmann, Pascal e Racine, Lerici, Milano, 1961, pagg. 451-452