Kerenyi, Il problema del labirinto

Dopo aver sottolineato la differenza fra problema e mistero, Kerenyi afferma che il labirinto è l’immagine del mondo degli inferi.

 

K. Kerenyi, Nel labirinto, trad. it. di L. Spiller, a cura di G. Bologna, Boringhieri, Torino, pagg. 31 e segg.

 

Il problema del labirinto presenta una particolare peculiarità, la quale del resto è comune alla maggior parte dei problemi che sorgono dalla ricerca mitologica, se la si affronta con la dovuta serietà: si tratta di problemi privi di soluzione. Sono “misteri” nel senso in cui un illustre esegeta di oscuri, difficili testi poetici, contrappone “mistero” e “problema”: “Un problema si deve risolvere e, una volta risolto, scompare. Il mistero invece deve essere sperimentato, venerato; deve entrare a far parte della nostra vita. Un mistero che possa essere chiarito, risolto con una spiegazione, non è mai stato tale. Il mistero autentico resiste alla ‘spiegazione’: non tanto perché si sottragga all’esame ricorrendo allo stratagemma di una doppia verità, quanto perché non può, per sua natura, venir spiegato, sciolto razionalmente. E tuttavia è inserito in quella stessa realtà cui appartiene ciò che è suscettibile di spiegazione, e si offre agli sforzi ermeneutici ponendosi in un rapporto di assoluta correttezza. Il mistero esige una spiegazione: ma questa avrà solo il compito di indicare, appunto, ove risiede il vero enigma”. Mitologemi, figure divine, simboli religiosi non possono essere risolti al modo dei problemi, ma solo essere ricondotti al piano delle idee (o archetipi, o forme primordiali, o comunque si voglia chiamarli). Esse impegnano senza posa la nostra mente, come fanno i veri misteri. Agli interrogativi sul significato delle leggende, delle raffigurazioni, delle tradizioni sul labirinto ha già trovato una risposta chiara e semplice il grande, acuto storico delle religioni di Leida, Brede Kristensen: il labirinto è il mondo degli inferi.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. V, pagg. 133-134