KANT, IN SEDE TEORETICA NON POSSIAMO OLTREPASSARE I LIMITI DELL'ESPERIENZA


Da questa deduzione della nostra facoltà di conoscere a priori, nella prima parte della metafisica, ne viene uno strano risultato, in apparenza assai dannoso allo scopo generale cui essa mira nella seconda parte, cioè: che noi con essa non possiamo oltrepassare i limiti dell'esperienza possibile, che è tuttavia proprio l'assunto più essenziale di questa scienza. Ma proprio in ciò consiste l'esperimento d'una controprova della verità del risultato di questo primo apprezzamento della nostra conoscenza a priori della ragione: che essa giunge solo fino ai fenomeni, mentre lascia che la cosa in sé sia bensì per se stessa reale, ma sconosciuta a noi. Giacché quel che ci spinge a uscire necessariamente dai limiti dell'esperienza e di tutti i fenomeni, è l'incondizionato, che la ragione necessariamente e a buon diritto esige nelle cose in se stesse, per tutto ciò che è condizionato, a fine di chiudere con esso la serie delle condizioni. Ora, se ammettendo che la nostra conoscenza sperimentale si regoli sugli oggetti come cosa in sé si trova che l'incondizionato non può esser pensato senza contraddizione, mentre, al contrario, se si ammette che la nostra rappresentazione delle cose, quali ci son date, non si regoli su di esse, come cose in se stesse, ma piuttosto che questi oggetti, come fenomeni, si regolino sul nostro modo di rappresentarceli [si trova che] la contraddizione scompare, e che perciò l'incondizionato non deve trovarsi nelle cose in quanto noi le conosciamo (esse ci son date), ma nelle cose in quanto noi non le conosciamo, come cose in sé, ciò che noi abbiamo ammesso prima, soltanto in via di tentativo6 si vede che è ben fondato. Resta ora a vedere, dopo avere negato alla ragione speculativa ogni passo nel campo del soprasensibile, se non si trovino nella sua conoscenza pratica dati, per determinare quel concetto trascendente dell'incondizionato proprio della ragione, e per oltrepassare in tal modo, secondo i desideri della metafisica, i limiti di ogni esperienza possibile mediante la nostra conoscenza a priori, possibile, per altro, solo dal punto di vista pratico. Con questo procedimento la ragione speculativa ci ha almeno procurato un campo libero per tale estensione [della ricerca], sebbene essa abbia dovuto lasciarlo vuoto; e noi restiamo così autorizzati, anzi, veniamo da lei stessi invitati ad occuparlo, se ci riesce, con i dati pratici della medesima.

 

(Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. 19-20)