KANT, L'ANTINOMIA DEL MONDO

 

Nella "Dialettica trascendentale" della Critica della ragion pura (1781 e 1787), Kant tratta delle idee della ragione, che, come nell’accezione platonica, realizzano una perfezione che trascende le possibilità dell’esperienza. Sono le idee dell’anima, del mondo e di Dio - a cui corrispondono le pseudoscienze della psicologia razionale, della cosmologia razionale e della teologia razionale - che esprimono la tendenza all’incondizionato, proprio della ragione. In tale contesto, la dialettica assume una doppia valenza: da una parte costituisce una "logica della parvenza", ma dall’altra, realizza una esigenza a priori, connaturata alla nostra mente. Nell’ambito dell’idea cosmologica, Kant analizza le cosiddette antinomie: conflitto della ragione con se stessa, attraverso una contrapposizione di tesi e antitesi che possono essere superate soltanto dalla superiore posizione critico-trascendentale.



Tesi
Il mondo nel tempo ha un cominciamento, e inoltre, per lo spazio, è chiuso dentro limiti.
Dimostrazione
Infatti, se si ammette che il mondo non abbia nel tempo un cominciamento, fino a ogni istante dato è passata una eternità e però è trascorsa nel mondo una serie infinita di stati successivi delle cose. Ora l'infinità d'una serie consiste appunto in ciò, che essa non può esser mai compiuta mediante una sintesi successiva. E' dunque impossibile una serie cosmica infinita trascorsa; e però un cominciamento del mondo è condizione necessaria della sua esistenza; ciò che era primieramente da dimostrare. Rispetto poi al secondo punto, si ammetta da capo il contrario; allora il mondo sarà un tutto infinito, già dato, di cose simultaneamente esistenti. Ora, noi non possiamo pensare in altro modo la quantità di un quantum (1) che non sia dato dentro certi limiti ad ogni intuizione, se non mediante la sintesi delle parti, e la totalità di un tale quantum solo mercé la sintesi completa, o mercé l'addizione ripetuta dell'unità a se stessa (2). Per tanto, per concepire il mondo, che riempie tutti gli spazi, come un tutto, occorrerebbe considerare la sintesi successiva delle parti di un mondo infinito come completa, cioè un tempo infinito dovrebbe essere considerato come trascorso nella enumerazione di tutte le cose coesistenti; il che è impossibile. Dunque, un aggregato infinito di cose reali non può essere considerato come un tutto dato, e però né anche come dato simultaneamente. Per conseguenza, un mondo per la estensione nello spazio è non infinito, ma chiuso nei suoi limiti; che era il secondo punto.

Antitesi
Il mondo non ha né cominciamento né limiti spaziali, ma è, così rispetto al tempo come rispetto allo spazio, infinito.
Dimostrazione
Poniamo infatti che abbia un cominciamento. Poiché il cominciamento è una esistenza alla quale precede un tempo in cui la cosa non è, ci dev'essere stato un tempo in cui il mondo non era, ossia un tempo vuoto. Ora, in un tempo vuoto non è possibile il sorgere di una cosa qual sia, perché nessuna parte di un tempo tale ha in sé, piuttosto che un'altra qualunque, una condizione distintiva di essere piuttosto che di non essere (sia che si supponga che essa sorga da se stessa o per altra causa). Parecchie serie, dunque, di cose possono cominciare nel mondo, ma il mondo stesso non può avere un cominciamento; e però esso, quanto al tempo passato, è infinito. Per ciò che spetta alla seconda parte, se si ammette da principio il contrario, che cioè il mondo, quanto allo spazio, sia finito e limitato, allora esso si trova in uno spazio vuoto, che non è limitato. Si dovrebbe perciò incontrare, non soltanto una relazione delle cose nello spazio, ma altresì una relazione delle cose con lo spazio. Ora, poiché il mondo è un tutto assoluto, fuori del quale non c'è oggetto d'intuizione, né, perciò, un correlato del mondo, con cui questo sia in relazione, la relazione del mondo con lo spazio vuoto sarebbe una relazione con nessun oggetto. Ma una simile relazione, e però anche la limitazione del mondo da parte dello spazio vuoto, non è niente. Dunque il mondo, rispetto allo spazio, non è punto limitato; cioè esso, quanto alla estensione, è infinito.

 

(I. Kant, Critica della ragion pura, "Dialettica trascendentale")