Leibniz, Il vero metodo è stato impiegato soltanto in matematica

La ricerca della fondazione del sapere parte, per Leibniz, dall'individuazione di una caratteristica universale, cioè di un metodo che consenta di operare su tutte le proposizioni e di valutarne la veridicità. Un metodo simile è “fino ad oggi cosa del tutto ignota” osserva Leibniz “e non è stato impiegato che in matematica”. Leibniz si impegna a fondo nello studio di questa scienza che svolgerà un ruolo di primo piano nella formulazione del suo sistema filosofico. Proponiamo la lettura di alcuni passi di un lungo frammento, scritto probabilmente nel 1677.

 

G. W. Leibniz, Prefazione alla Scienza generale

 

Poiché la felicità consiste nella contentezza e la contentezza duratura dipende dalla sicurezza che abbiamo dell'avvenire, fondata sulla scienza che dobbiamo avere della natura di Dio e dell'anima, ne segue che la scienza è necessaria alla nostra felicità.

Ma la scienza dipende dalla dimostrazione, e la scoperta delle dimostrazioni da un certo metodo, che non tutti conoscono. Infatti benché ognuno sia in grado di giudicare una dimostrazione, dato che essa non meriterebbe tale nome se tutti quelli che la considerano con attenzione non ne risultassero convinti e persuasi, nondimeno non tutti sono in grado di trovare delle dimostrazioni di testa propria né di presentarle in maniera precisa allorché sono trovate, per mancanza di tempo e di metodo. Il vero metodo considerato in tutta la sua ampiezza è, a mio avviso, fino ad oggi cosa del tutto ignota, e non è stato impiegato che in matematica, per quanto anche qui in maniera imperfetta, come ho avuto la sorte di far vedere ad alcuni (che sono oggi reputati tra i primi matematici del secolo) attraverso delle prove sorprendenti. E spero di fornire degli esempi che forse non saranno indegni della posterità. Tuttavia se il metodo dei matematici non è stato sufficiente per scoprire tutto ciò che ci si poteva aspettare da loro, esso è stato almeno capace di preservarli dagli errori; e se non hanno detto tutto ciò che dovevano, non hanno nemmeno detto ciò che non dovevano.

Se coloro che hanno coltivato le altre scienze avessero imitato i matematici almeno su questo punto saremmo pienamente felici e da lungo tempo avremmo una metafisica certa come pure la morale che ne dipende; la metafisica infatti racchiude la conoscenza di Dio e dell'anima, la quale deve regolare la nostra vita. Avremmo inoltre la scienza dei movimenti, che costituisce la chiave della fisica e, di conseguenza, della medicina. È comunque vero che, a quanto vedo, la nostra situazione attuale ci permette di aspirarvi, e alcuni dei miei primi pensieri sono stati accolti con un tale plauso da parte di alcuni tra i piú sapienti del nostro tempo, a motivo della loro semplicità meravigliosa, che ritengo che ora non ci resti che fare certi esperimenti di proposito e deliberatamente, e non casualmente e a tentoni, come solitamente avviene, per innalzarvi al di sopra l'edificio di una fisica certa e dimostrativa.

 

(L. Perissinotto, a cura di, Logica e linguaggio in Leibniz e nella filosofia del XVII secolo, Paravia, Torino, 1989, pagg. 52-54)