Leibniz, L'arte combinatoria

Leibniz rievoca il momento iniziale del proprio itinerario filosofico, quando gli studi di matematica lo avevano spinto alla ricerca di una lingua “caratteristica universale”, cioè di un metodo e di una scienza in grado di operare un calcolo logico di tutti i pensieri. Già nel 1666, con la pubblicazione dei suoi primi due scritti di logica matematica, Leibniz individua nell'“arte combinatoria” lo strumento per costruire il calcolo dei pensieri: egli ritiene che i nostri concetti siano composti da idee semplici, le quali, come le lettere dell'alfabeto e i numeri primi, possono essere combinate fra loro secondo regole determinate. Proponiamo la lettura delle prime pagine dell'opera Della sintesi e dell'analisi universale, scritta molto probabilmente nel 1690.

 

G. W. Leibniz, Della sintesi e dell'analisi universale

 

Quando, ragazzo, imparavo la logica, e solevo, già allora, andare un po' piú a fondo nelle ragioni di quanto mi si insegnava, obiettavo ai maestri: perché, come vi sono categorie dei termini non complessi, con cui si ordinano le nozioni, non si fanno categorie anche dei termini complessi, con le quali ordinare le verità? Ignoravo che proprio questo fanno i geometri, con le loro dimostrazioni, e collocando le dimostrazioni in modo che l'una dipenda dall'altra. Mi sembrava che la cosa sarebbe stata del tutto in nostro potere, se avessimo avuto, anzitutto, le categorie vere dei termini semplici, e se, per ottenerle, si fosse costituito una sorta di nuovo alfabeto del pensiero, o catalogo dei generi sommi (o assunti come tali) come a, b, c, d, e, f, dalla cui combinazione si potessero formare le nozioni inferiori. Si deve sapere, infatti, che i generi si forniscono vicendevolmente le differenze, e che ogni differenza si può concepire come un genere, e ogni genere come una differenza; ed è altrettanto giusto dire “animale razionale”, quanto, se si può formare quest'espressione, “razionale animale”. Ma poiché i generi comunemente conosciuti non rivelano le specie per mezzo della loro combinazione, concludevo che non erano costituiti correttamente; e che, in verità, i generi immediatamente inferiori ai generi sommi dovevano essere binioni: ab, ac, bd, cf, etc.; i generi di terzo grado, ternioni, come abc, dfb, e cosí via. Ché se i generi sommi, o da assumersi come tali, fossero stati infiniti, come accade nei numeri (dove i numeri primi possono assumersi come generi sommi, potendosi considerare tutti i numeri pari come binari, tutti quelli divisibili per tre come ternari, etc., e potendosi esprimere il numero derivativo per mezzo del primitivo usato come genere: ogni senario è un binario ternario, etc.), almeno si doveva stabilire l'ordine dei generi sommi, come nei numeri, onde un ordine sarebbe risultato anche nei generi inferiori. E, proposta una specie qualsiasi, si sarebbero potute enumerare ordinatamente le proposizioni dimostrabili intorno ad essa, ovvero i predicati, tanto i piú ampli quanto i convertibili, tra cui si potevano scegliere i piú degni di nota. Sia, ad esempio, una specie y la cui nozione è abcd; e si ponga l in luogo di ab; m in luogo di ac; n in luogo di ad; p in luogo di bc; q in luogo di bd; r in luogo di cd, tutti binioni; e, ancora, i ternioni s per abc; v per abd; w per acd; x per bcd: questi saranno l'intera serie dei predicati di y, mentre i predicati convertibili di y saranno soltanto: ax, bw, cv, ds, lr, mq, np.

[...]

La definizione nominale consiste nell'enumerazione delle note o requisiti, sufficienti a distinguere la cosa da tutte le altre. Qui, se si richiedono sempre i requisiti dei requisiti, si dovrà finalmente pervenire alle nozioni primitive, che mancano di requisiti, o in senso assoluto, o nel senso che non ne hanno piú di spiegabili a sufficienza da noi. é, questa, l'arte di trattare le nozioni distinte. All'arte, poi, di trattare le nozioni confuse appartiene il notare le nozioni distinte, o intese di per sé, o, quanto meno, risolubili, che accompagnano le confuse, e in virtú delle quali possiamo una qualche volta giungere alla causa, o a una certa risoluzione delle nozioni confuse.

 

(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 156-157)

 

L'idea di fondo dell'“arte combinatoria” è quella di trovare una logica capace non soltanto di dimostrare la verità di ogni proposizione, ma anche di costruire nuove proposizioni con la certezza dei procedimenti matematici.

Il “genere”, a partire dalla logica aristotelica, è una classe di enti con differenze specifiche fra loro ma con elementi comuni (che appunto definiscono il “genere”): ad esempio, nell'espressione “animale razionale”, il termine “animale” costituisce il “genere” che accomuna la “specie” degli uomini (definiti dalla razionalità) a tutte le altre e diverse “specie” di animali; “essere vivente” è un genere piú ampio di “animale” e quindi contiene in sé altri generi. Il “genere sommo” è quello che non può essere contenuto in nessun altro genere (ad esempio, le categorie di Aristotele).

Leibniz propone di indicare i generi sommi con lettere, le quali, combinate fra loro, possano poi formare le “nozioni inferiori”. Il meccanismo, almeno nel modo in cui è proposto in questa pagina, non è particolarmente complesso. Come esempio prendiamo alcune delle categorie aristoteliche (generi sommi) e indichiamole con una lettera: sostanza (a); quantità (b); qualità (c); agire (d); luogo (e); tempo (f). Da un genere, attraverso la combinazione con gli altri generi, si trovano generi inferiori (o specie): la sostanza = uomo; la quantità = alto 180 centimetri; la qualità = bianco; l'agire = camminare; il luogo = in montagna; il tempo = ieri. Le combinazioni possibili danno, ad esempio: ab = gli uomini alti 180 centimetri; ac = gli uomini bianchi; bd = gli enti alti 180 centimetri che camminano; cf = gli enti bianchi che esistevano ieri; e cosí via. Ancora, combinando tre generi: abc = gli uomini bianchi alti 180 centimetri; bdf = gli enti alti 180 centimetri che ieri camminavano; e cosí via.

Si possono quindi, per semplificare le operazioni, unificare i generi: ab = l, per cui l = uomo alto 180 centimetri; ad = n, per cui n = uomo che cammina; e cosí via. Dunque, individuata una specie definita da una serie di generi sommi, si può verificare la corretta di tutte le proposizioni relative ad essa.

Questa ricerca di Leibniz è importante, da un punto di vista filosofico generale, perché conferma l'esigenza di porre punti fissi e certi a fondamento dell'attività del pensiero (cioè della filosofia e di tutte le scienze).