Locke, La sostanza, l'Indiano, il mondo, l'elefante e la tartaruga

John Locke, di fronte all'ostacolo della definizione della sostanza, non si avventura in supposizioni arbitrarie, né cerca di scavalcarlo o di ignorarlo ma l'osserva e prende atto dell'esistenza dell'ostacolo e della propria inadeguatezza a superarlo.

 

Se qualcuno chiederà che cosa è il supporto al quale il colore o il peso ineriscono, si risponderà che tale supporto sono le parti estese e solide; se si domanderà a che cosa ineriscono la solidità e l'estensione, non si potrà rispondere che come il saggio indiano al quale, dopo avere affermato che il mondo è sostenuto da un grande elefante, fu richiesto su che cosa l'elefante poggiasse; egli rispose: su una grande tartaruga; ma essendogli ancora domandato quale appoggio avesse la tartaruga rispose: su qualcosa che il non conosco affatto.

L'idea alla quale noi diamo il nome generale di “sostanza” non è altro che tale supposto ma sconosciuto sostegno delle qualità effettivamente esistenti.

 

(J. Locke, Saggio sull'intelletto umano, II, cap. XXIII)