Lukács, Nietzsche e la reazione

Lukács mette in relazione il pensiero di Nietzsche con la situazione storica del suo tempo. Egli si sofferma poi sulla forma mitica, utilizzata da Nietzsche, che ha permesso al filosofo tedesco di rimanere per lungo tempo il filosofo-guida della borghesia reazionaria.

 

G. Lukács, La distruzione della ragione

 

La particolare posizione di Nietzsche in questo sviluppo dell’irrazionalismo moderno è determinata in parte dalla situazione storica al tempo del suo esordio, in parte dalle sue doti personali fuori dell’ordinario. Per ciò che riguarda il primo elemento, abbiamo già ricordato gli avvenimenti sociali piú importanti di questo periodo. A ciò si aggiunge, come circostanza favorevole per il suo sviluppo, che egli conclude la sua attività alla vigilia del periodo imperialistico. Ciò significa che egli, da un lato, ebbe modo di conoscere, nel periodo bismarckiano, tutte le prospettive delle lotte imminenti, fu contemporaneo della fondazione del Reich, delle speranze e delle delusioni ad essa relative, della caduta di Bismarck, dell’inaugurazione dell’imperialismo apertamente aggressivo ad opera di Guglielmo II, e, al tempo stesso, contemporaneo della Comune di Parigi, della nascita dei grandi partiti proletari di massa, delle leggi contro i socialisti e dell’eroica resistenza degli operai contro di esse; d’altra lato, però, non ebbe ancora esperienza del periodo imperialistico in se stesso. Si determina cosí, per lui, la favorevole situazione di poter sollevare e risolvere in forma mitica, e secondo le tendenze reazionarie della borghesia, i principali problemi del periodo successivo. Questa forma mitica favorisce l’azione del pensiero di Nietzsche non solo perché è destinata a diventare sempre piú la forma di espressione filosofica dominante del periodo imperialistico, ma anche perché offre a Nietzsche la possibilità di formulare i problemi culturali, etici e spirituali dell’imperialismo in termini cosí generali da consentirgli di restare sempre, nonostante il vario mutare della situazione e della corrispondente tattica della borghesia reazionaria, il filosofo-guida di essa. Lo era già anteriormente alla prima guerra mondiale imperialistica e lo è rimasto dopo la seconda.

Questa durevole influenza, di cui abbiamo delineato la possibilità oggettiva, non sarebbe tuttavia mai diventata realtà senza i tratti specifici del talento non trascurabile di Nietzsche. Egli possiede un particolare intuito anticipatore, un particolare senso dei problemi per ciò di cui abbisogna l’intellettualità parassitaria del periodo imperialistico; sa cogliere ciò che intimamente la commuove e la turba e il genere di risposta che può meglio appagarla. Egli può quindi abbracciare campi assai vasti della cultura, illuminarne, con aforismi pieni di spirito, le questioni scottanti, appagare gli istinti insoddisfatti, e a volte perfino ribelli, di questo parassitario ceto intellettuale, con gesti apparentemente affascinanti e ultrarivoluzionari, e insieme rispondere, o almeno accennare una risposta a tutti questi problemi in modo che, da tutte queste finezze e sfumature, sorga il contenuto saldamente reazionario della borghesia imperialistica.

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Certo tutto ciò, come si è detto, si realizza in Nietzsche in una forma mitica. Questa soltanto ha fatto sí che Nietzsche, che non comprendeva nulla dell’economia del capitalismo e poteva quindi osservare, descrivere ed esprimere esclusivamente i sintomi della sovrastruttura, riuscisse a cogliere e a determinare le tendenze del tempo. Ma la forma del mito deriva anche dal fatto che Nietzsche, il filosofo-guida della reazione imperialistica, non ha avuto affatto esperienza egli stesso dell’imperialismo come tale. Egli agí – come aveva fatto Schopenhauer in quanto filosofo della reazione borghese dopo il 1848 – in un’epoca che produceva soltanto i germi e gli spunti di ciò che sarebbe avvenuto in seguito. Questi, per un pensatore che non poteva riconoscere le vere forze motrici, erano rappresentabili solo in forma utopistico-mitica. L’importanza filosofica di Nietzsche consiste in ciò che egli, nonostante tutto, ha fissato determinati caratteri permanenti. Certamente gli fu di vantaggio sia l’espressione mitica che la forma aforistica, del cui carattere parleremo presto, in quanto tali miti e aforismi poterono venir racconti e interpretati in modi molto diversi e magari opposti a seconda degli interessi momentanei della borghesia e delle aspirazioni dei suoi ideologi. Il fatto che si sia tornati sempre a Nietzsche, e di volta in volta a un “nuovo” Nietzsche, mostra che in questo mutare vi era tuttavia una continuità: la continuità dei problemi fondamentali dell’imperialismo, in quanto periodo complessivo, considerati dal punto di vista degli interessi permanenti della borghesia reazionaria e interpretati nello spirito delle permanenti esigenze dell’intellettualità borghese parassitaria.

 

G. Lukács, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pagg. 313-314 e 318-319