Lukács, Schopenhauer e Nietzsche

Schopenhauer e Nietzsche sono stati due nemici del progresso in due epoche distinte. Per questo Nietzsche ha modificato la “volontà” di Schopenhauer nella “volontà di potenza” e nella “transvalutazione di tutti i valori”.

 

G. Lukács, La distruzione della ragione

 

È fuor di dubbio che tale capacità di anticipare col pensiero è segno di non trascurabile spirito di osservazione, di sensibilità per i problemi e di attitudine all’astrazione. Sotto questo aspetto la posizione storica di Nietzsche è analoga a quella di Schopenhauer. Questi due pensatori hanno molto di comune anche nell’indirizzo fondamentale della loro filosofia. Gli odierni tentativi di separare Nietzsche dall’irrazionalismo di Schopenhauer e di metterlo in rapporto con l’illuminismo e con Hegel, sono, a mio giudizio, puerili, o, per dir meglio, espressione del livello piú basso finora raggiunto nella rappezzatura della storia nell’interesse dell’imperialismo americano. Fra Schopenhauer e Nietzsche sussistono naturalmente differenze che nel corso dell’evoluzione di quest’ultimo e col chiarirsi delle sue proprie aspirazioni diventano sempre piú profonde. Ma si tratta piuttosto di differenze di tempo, di differenze nei mezzi di lotta contro il progresso sociale.

Ma Nietzsche ha preso da Schopenhauer il principio della connessione metodologica del suo sistema di pensiero e lo ha semplicemente modificato e svolto conforme al tempo e all’avversario da combattere: quello che abbiamo caratterizzato, nel secondo capitolo, come apologetica indiretta del capitalismo. Questo principio fondamentale, in seguito alle condizioni di una lotta di classe piú acutamente sviluppata, assume in parte nuove forme concrete. La lotta di Schopenhauer contro l’idea di progresso del suo tempo poteva ancora riassumersi nella svalutazione di ogni attività come moralmente e spiritualmente inferiore. Nietzsche invece incita a un attivo operare per l’imperialismo e per la reazione. Già di qui risulta che Nietzsche dovette metter da parte tutto il dualismo schopenhaueriano di rappresentazione e volontà e sostituire il mito buddistico della volontà col mito della volontà di potenza. Ne deriva, inoltre, che Nietzsche non può nemmeno servirsi della astratta e generica condanna schopenhaueriana della storia. Va da sé che una storia reale non esiste per Nietzsche piú che non esista per Schopenhauer. Ma la sua apologetica dell’imperialismo aggressivo assume la forma di un’interpretazione mitica della storia. Infine, poiché qui possiamo elencare soltanto i momenti essenziali, l’apologetica di Schopenhauer è sí indiretta quanto alla forma, ma esprime tuttavia apertamente le sue simpatie reazionarie nel campo sociale e politico, e spesso perfino in modo provocante e cinico. In Nietzsche, invece, il principio dell’apologetica indiretta si estende anche al modo di espressione: la sua aggressiva e reazionaria presa di posizione a favore dell’imperialismo si manifesta in forma di atteggiamento ultrarivoluzionario. La lotta contro la democrazia e il socialismo, il mito dell’imperialismo, l’appello a un’attività barbarica, devono apparire come una trasformazione inaudita, una “trasvalutazione di tutti i valori”, un “crepuscolo degli dèi”: l’apologetica indiretta dell’imperialismo assume demagogicamente la parte di pseudorivoluzione.

G. Lukács, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pagg. 319-320