LUCIANO, Selene e Afrodite

 

A. Perché, Selene, dicono che fai queste cose? Ogni qualvolta tu passi sulla Caria fermi il tuo carro, per guardare giù verso Endimione che dorme all’aperto, dal momento che è cacciatore e talvolta scendi verso di lui a metà del cammino?
S. Domandalo, Afrodite, a tuo figlio, che è la causa per me di queste cose.
A. Lascia perdere: quello lì è un birbone; infatti quali cose ha combinato persino a me, che sono sua madre, ora facendomi scendere sull’Ida per il troiano Anchise, ora facendomi scendere in Libano per quel giovane assiro, e poiché lo rese anche amabile per Persefone, mi portò via per metà l’amante; così spesso lo minacciai di rompere i suoi arco e frecce e la faretra e togliergli anche le ali, se non avesse smesso di fare cose simili; e già gli diedi delle percosse sul sedere con il sandalo: ma quello, non so come, pur avendo paura sul momento e supplicando, dopo poco si è già scordato di tutto. Ma dimmi, è bello Endimione? Un peccato per questi motivi, infatti, ha una dolce attenuante.
S. A me sembra, Afrodite, estremamente bello, soprattutto quando, gettata su una pietra la clamide, dorme tenendo nella sinistra i dardi, che già scivolano via dalla mano, e quando la destra, piegata verso l’alto intorno alla testa brilla incorniciando il volto, ed egli vinto dal sonno respira appena con quel suo respiro divino. Allora dunque senza far rumore scendendo procedendo in punta di piedi io, perché una volta sveglio non si spaventi – sai: perché dunque dovrei dirti quello che viene dopo di questo? Tranne che muoio proprio d’amore.

 

(Luciano di Samosata, Dialoghi degli dei)