LUCREZIO, CONTRO IL FINALISMO

 

Desideriamo vivamente che tu fugga
un vizioso ragionamento, e con grande cautela eviti l'errore
di credere che il chiaro lume degli occhi sia stato creato
affinché possiamo vedere, e che le estremità delle gambe
e delle cosce fondate sui piedi possano piegarsi per questo,
affinché siamo in grado di avanzare a lunghi passi,
e ancora, che gli avambracci siano attaccati alle forti braccia
e ci siano state date le mani per servirci ‹dall'›una e l'altra parte,
affinché possiamo fare ciò che abbisogna per la vita.
Tutte le interpretazioni di questo genere
mettono il prima al posto del dopo con ragionare stravolto,
poiché nessuna cosa è nata nel corpo per questo,
affinché potessimo usarne, ma ciò che è nato crea esso l'uso.
Né esistette la vista prima che nascessero gli occhi,
né il dire con parole prima che la lingua fosse creata,
ma piuttosto la nascita della lingua precedette di molto
la favella, e le orecchie furono create molto prima
che si udisse il suono, e, in breve, tutte le membra
esistettero, io credo, prima che esistesse il loro uso.
Non poterono quindi crescere per il fine dell'uso.
Ma, al contrario, venire alle mani nella zuffa della battaglia
e lacerar membra e insozzare di sangue il corpo
furono molto prima che volassero i lucidi dardi,
e la natura costrinse a evitare la ferita prima che il braccio
sinistro opponesse la difesa dello scudo foggiato dall'arte.
E senza dubbio l'abbandonare al riposo il corpo stanco
è molto più antico che il letto dai morbidi materassi,
e il placare la sete nacque prima delle coppe.
Si può dunque credere che siano state inventate per l'uso
queste cose che sono state scoperte secondo i bisogni della vita.
Ma stanno a parte tutte quelle cose che, nate prima
esse stesse, dettero poi la nozione della loro utilità.
Di tale genere vediamo anzitutto i sensi e le membra;
quindi, ancora e ancora, non ti è possibile credere
che abbiano potuto esser creati per adempiere l'utile funzione.
Di questo, ugualmente, non ci si deve stupire, che il corpo
d'ogni vivente cerca il cibo per impulso della propria natura.
E infatti ho insegnato che molti corpi fluiscono via e si staccano
dalle cose in molti modi, ma più numerosi se ne devono staccare
dagli animali. Poiché ‹questi› sono travagliati dal movimento,
e molti corpi vanno via col sudore, spremuti dal profondo,
molti sono esalati per la bocca, quando essi infiacchiti anelano,
per tali motivi, dunque, si dirada il corpo e si strema
tutta la loro natura; e a ciò segue il dolore.
Perciò si prende il cibo, affinché sorregga le membra
e distribuito ricrei le forze, e per membra
e per vene sazi l'avido desiderio di nutrimento.

 

(Lucrezio, De rerum natura, IV)