Marx, La comunanza delle donne

Marx affronta il tema della “comunione delle donne” nei Manoscritti e nel Manifesto. Nella prima opera egli osserva che il rifiuto del matrimonio come proprietà privata esclusiva comporta nel comunismo rozzo la comunanza delle donne o prostituzione generale. Nella seconda all’accusa che i comunisti vogliono la comunione delle donne, Marx risponde in modo volutamente ambiguo.

 

a) K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Terzo manoscritto

 

[...] infine tale movimento che consiste nell’opporre la proprietà privata generale alla proprietà privata, si esprime in una forma animale come la seguente: al matrimonio (che è indubbiamente una forma di proprietà privata esclusiva) si contrappone la comunanza delle donne, dove la donna diventa proprietà della comunità, una proprietà comune. Si può dire che questa idea della comunanza delle donne è il mistero rivelato di questo comunismo ancor rozzo e materiale. Allo stesso modo che la donna passa da matrimonio alla prostituzione generale, cosí l’intero mondo della ricchezza, cioè dell’essenza oggettiva dell’uomo, passa dal rapporto di matrimonio esclusivo col proprietario privato al rapporto di prostituzione generale con la comunità.

Nel rapporto con la donna, in quanto essa è la preda e la serva del piacere della comunità, si esprime l’infinita degradazione in cui vive l’uomo per se stesso: infatti il segreto di questo rapporto ha la sua espressione inequivocabile, decisa, manifesta, scoperta, nel rapporto del maschio con la femmina e nel modo in cui viene inteso il rapporto immediato e naturale della specie. Il rapporto immediato, naturale, necessario dell’uomo con l’uomo è il rapporto del maschio con la femmina. In questo rapporto naturale della specie il rapporto dell’uomo con la natura è immediatamente il rapporto dell’uomo con l’uomo, allo stesso modo che il rapporto con l’uomo è immediatamente il rapporto dell’uomo con la natura, cioè la sua propria determinazione naturale.

K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1949, pagg. 119-120

 

b) K. Marx, Manifesto, II

Abolizione della famiglia! Anche i piú radicali inorridiscono di fronte a tanto vergognoso disegno dei comunisti.

Qual è il fondamento della famiglia di oggi, della famiglia borghese? Il capitale, il guadagno privato. Una famiglia interamente sviluppata non esiste per la borghesia; essa tuttavia trova il suo completamento nella forzata mancanza di famiglia dei proletari e nella prostituzione pubblica.

La famiglia del borghese scompare naturalmente con lo scomparire di questo suo completamento, ed entrambe vengono meno una volta distrutto il capitale.

Ci rimproverate di voler eliminare lo sfruttamento dei figli da parte dei loro genitori? Questo misfatto noi lo confessiamo.

Ma voi dite che rimpiazzando l’educazione familiare con quella sociale noi distruggiamo i rapporti piú cari.

E non è forse determinata anche la vostra educazione dalla società? dai rapporti sociali nel cui ambito voi educate, dall’interferenza, diretta o indiretta che sia, della società tramite la scuola, ecc.? I comunisti non hanno inventato l’influenza della società sull’educazione, essi hanno solo trasformato il suo carattere, sottraendo l’educazione all’influenza della classe dominante.

La fraseologia borghese sulla famiglia e sull’educazione, sui rapporti affettivi tra genitori e figli, appare tanto piú disgustosa, quanto piú, a causa della grande industria, viene a mancare ai proletari ogni legame familiare e i bambini divengono semplici articoli di commercio e strumenti di lavoro.

Ma voi comunisti intendete adottare la comunanza delle donne, ci grida in coro tutta la borghesia.

Il borghese non vede nella propria moglie che uno strumento di produzione. Ode che gli strumenti di produzione debbono essere sfruttati in comune e naturalmente si sente autorizzato a credere che la medesima sorte toccherà anche alle donne.

Non pensa minimamente che la questione sta proprio in ciò; abolire la posizione della donna come semplice strumento di produzione.

D’altra parte non v’è nulla di piú ridicolo di questo orrore altamente morale che provano i nostri borghesi per la pretesa comunanza ufficiale delle donne nel comunismo. I comunisti non hanno bisogno d’introdurre la comunanza delle donne, essa è quasi sempre esistita.

I nostri borghesi, non paghi di poter disporre delle mogli e delle figlie dei loro proletari – per non parlare della prostituzione ufficiale – considerano il sedursi reciprocamente le mogli uno dei divertimenti piú piacevoli.

Il matrimonio borghese è in pratica la comunanza delle mogli. Al massimo si potrebbe muovere ai comunisti il rimprovero di voler sostituire la comunanza delle donne ipocritamente mascherata con una comunanza ufficiale, palese. D’altra parte va da sé che, una volta scomparsi gli attuali rapporti di produzione, viene meno anche la corrispondente comunanza delle donne, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale.

 

Marx, Opere, Newton Compton, Roma, 1975, pagg. 365-366