MONTESQUIEU, DELLE LEGGI NEL LORO RAPPORTO CON LA NATURA DEL GOVERNO MONARCHICO

I poteri intermedi, subordinati e dipendenti, costituiscono la natura del governo monarchico, cioè di quello in cui uno solo governa per mezzo di leggi fondamentali. Ho detto i poteri intermedi, subordinati e dipendenti: in effetti, nella monarchia, il principe è la fonte di ogni potere politico e civile. Queste leggi fondamentali presuppongono necessariamente dei canali medianti per i quali scorre il potere: poiché, se non vi fosse nello Stato che la volontà momentanea e capricciosa di uno solo, nulla potrebbe essere fisso, e per conseguenza non vi sarebbe nessuna legge fondamentale. Il potere intermedio subordinato più naturale è quello della nobiltà. Essa entra in qualche modo nell'essenza della monarchia, la cui massima fondamentale è: dove non c'è monarca, non c'è nobiltà: dove non c'è nobiltà non c'è monarca. Ma c'è un despota.

(...) Non basta che vi siano, in una monarchia, degli ordini intermedi; occorre anche un deposito di leggi. Questo deposito non può essere che nei corpi politici, i quali annunciano le leggi quando vengono fatte e le ricordano quando vengono dimenticate. La naturale ignoranza dei nobili, la loro indifferenza, il loro disprezzo per il governo civile esigono che vi sia un corpo che faccia uscire senza posa le leggi dalla polvere dove rimarrebbero seppellite. Il Consiglio del principe non è un deposito conveniente. Esso è, per la sua stessa natura, il deposito della volontà momentanea del principe che ha il potere esecutivo, e non il deposito delle leggi fondamentali. Inoltre, il Consiglio del monarca cambia senza posa; non è permanente; non potrebbe essere numeroso; non gode in grado abbastanza alto la fiducia del popolo: non è perciò in condizione d'illuminarlo in tempi difficili, né di ricondurlo all'obbedienza. Negli Stati dispotici, dove non vi sono leggi fondamentali, non vi è nemmeno un deposito di leggi. Da ciò deriva che in questi paesi la religione ha di solito tanta forza, in quanto forma di una specie di deposito e di continuità; e, se non è la religione, sono le consuetudini che vi sono venerate, al posto delle leggi.

(Montesquieu, “Lo spirito delle leggi”, II, cap. 4)