MORO, I VIAGGI DEGLI UTOPIANI

Se poi a qualcuno nasce il desiderio di rivedere amici che abitano in un'altra città o di visitare semplicemente quel posto, senza difficoltà ne ottiene il permesso dai suoi sifogranti e tranibori, a meno che qualche esigenza non lo consenta. Si mette pertanto in cammino un certo gruppo di persone, munito di un documento rilasciato dal capo supremo, che certifica la concessa autorizzazione al viaggio e fissa la data del rientro. Ad esse viene assegnato un carro con uno schiavo pubblico per condurre e governare i buoi; d'altronde, sempre che della comitiva non facciano parte donne, quel veicolo viene rimandato quale fastidioso. Per l'intero viaggio non portano nulla con sé, ma non mancano di nulla, perché si trovano dovunque a casa loro. Se in qualche località sostano per più di un giorno, vi esercitano ciascuno il proprio mestiere e sono trattati con ogni cortesia da coloro che svolgono lo stesso lavoro. Se qualcuno si prende l'arbitrio di vagabondare fuori della propria circoscrizione e viene colto sprovvisto del lasciapassare del magistrato supremo, lo si tratta con disonore e, dopo averlo riportato indietro come un fuggiasco, lo si punisce severamente; se si azzarda a farlo una seconda volta, viene condannato alla schiavitù. (...)

Nel senato di Amauroto, dove convengono ogni anno, come ho già detto, tre rappresentanti di ciascuna città non appena accertano quali derrate sovrabbondanti in determinate località e poi quali nei singoli territori hanno avuto produzione scarsa, provvedono a rimediare alla penuria dell'uno con la feracítà dell'altro; e lo fanno a titolo gratuito, senza nulla ricevere in cambio del dono. Ma coloro stessi che hanno sovvenuto del proprio una qualsiasi città, senza richiedere alcun compenso, ricevono ciò di cui hanno bisogno da un'altra, cui nulla hanno donato. Così l'intera isola è come una sola famiglia. (...) (...) La natura, per contro, non ha assegnato all'oro e all'argento utilità di sorta di cui non ci sia facile fare a meno, se non fosse la stupidità umana a dar pregio alla loro rarità. Essa invece, come madre sommamente benigna, ha posto bene in vista tutto il meglio, come l'aria, l'acqua e la terra medesima e ha nascosto in luoghi remoti le cose vane e del tutto disutili. Essi infatti mangiano e bevono in recipienti di terracotta e di vetro, certo di grande bellezza, ma di poco prezzo, e fabbricano d'oro e di argento, non solo per le sale comuni ma anche dappertutto per le case private, gli orinali e i vasi per ogni sporcizia. Per giunta, fondono gli stessi metalli per foggiare catene e robusti ceppi onde tenere avvinti gli schiavi; infine, se qualcuno si è reso infame per qualche delitto, gli appendono cerchietti d'oro alle orecchie gli infilano alle dita anelli d'oro, gli mettono al collo una catena d'oro e da ultimo gli cingono d'oro la testa. (...)

(...) Invero, benché non siano molti in ciascuna città quelli che vengono esonerati dal lavoro manuale per dedicarsi esclusivamente agli studi, vale a dire coloro in cui hanno accertato sin dall'infanzia ottimo carattere, intelligenza fuor del comune e animo inclinato al sapere, tuttavia tutti i ragazzi frequentano la scuola e larga parte del popolo, sia maschi che femmine, per tutto il corso della vita dedica all'apprendimento le ore libere dal lavoro, di cui, come ho detto, dispongono. Imparano le varie materie nella loro lingua, che non è povera di termini, né sgradevole di suoni, né inferiore a qualsiasi altra quanto a capacità espressiva; essa ricorre pressoché identica in una vasta zona di quella parte del mondo, solo che negli altri paesi è più corrotta, con varianti nei diversi luoghi. Di tutti questi filosofi i cui nomi vanno per la maggiore nella parte del mondo che conosciamo, prima del nostro arrivo non ne conoscevano di fama neppure uno; eppure nei campi della musica, della logica, della scienza matematica e geometrica, hanno fatto pressappoco le stesse scoperte dei nostri antichi.

(...) In compenso sono ottimi conoscitori del corso degli astri e del movimento delle sfere celesti; di più, hanno anche costruito varie forme di ingegnosi modelli che riproducono con estrema precisione posizioni e orbite del sole, della luna e delle altre stelle visibili nel loro emisfero. Per il resto, non si sognano neppure di parlare di simpatia e antipatia fra i pianeti, né di tutta quell'impostura dei presagi astrologici.

(...) In quella parte della filosofia che riguarda la morale, discutono i nostri stessi problemi, indagando sui beni dell'animo, su quelli del corpo e sugli esteriori, e se tutti meritino il nome di bene, oppure le doti dell'animo soltanto. Dissertano sulla virtù e sul piacere, ma il loro primo e principale dibattito verte sul quesito: in che cosa consista (o in quali cose) la felicità umana. E a questo proposito sembrano orientati un po' più del giusto verso la scuola che afferma essere il piacere l'unica componente, o la principale almeno, della felicità umana.

(T. Moro, Utopia)