MARX, l'espropriazione del lavoro

 

In che cosa consiste ora l'espropriazione del lavoro? Primieramente in questo: che il lavoro resta esterno all'operaio, cioè non appartiene al suo essere, e che l'operaio quindi non si afferma nel suo lavoro, bensí si nega, non si sente appagato ma infelice, non svolge alcuna libera energia fisica e spirituale, bensí mortifica il suo corpo e rovina il suo spirito. L'operaio si sente quindi con se stesso soltanto fuori del lavoro, e fuori di sé nel lavoro... Il suo lavoro non è volontario, bensí forzato, è lavoro costrittivo. Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, bensí è soltanto un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni ad esso... Il lavoro esterno, il lavoro in cui l'uomo si espropria, è un lavoro-sacrificio, un lavoro-mortificazione. Finalmente l'esteriorità del lavoro al lavoratore si palesa in questo: che il lavoro non è cosa sua ma di un altro; che non gli appartiene, e che in esso egli non appartiene a sé, bensí ad un altro... Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al piú nell'avere una casa, nella sua cura corporale ecc., e che nelle funzioni umane si sente solo piú una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale. [...] Invero anche l'animale produce: esso si costruisce un nido, delle abitazioni, come le api, i castori, le formiche ecc. Ma esso produce soltanto ciò di cui abbisogna immediatamente per sé e per i suoi nati; produce parzialmente, mentre l'uomo produce universalmente; produce solo sotto il dominio del bisogno fisico immediato, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico e produce veramente soltanto nella libertà dal medesimo. L'animale produce solo se stesso, mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il prodotto dell'animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo conforma libero il prodotto. L'animale forma cose solo secondo la misura e il bisogno della specie cui appartiene, mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e dappertutto sa conferire all'oggetto la misura inerente, quindi l'uomo forma anche secondo le leggi della bellezza. [...] Se il prodotto del lavoro mi è estraneo, e mi sta di fronte come una potenza straniera, a chi esso appartiene allora? Se la mia propria attività non mi appartiene, ma è estranea e coartata attività, a chi appartiene allora? Ad un ente altro da me. Chi è questo ente? la Divinità? ... L'ente estraneo, al quale appartiene il lavoro e il prodotto del lavoro, al servizio del quale sta il lavoro e per il godimento del quale sta il prodotto del lavoro, può essere soltanto l'uomo stesso. Quando il prodotto del lavoro non appartiene all'operaio e gli sta di fronte come una potenza estranea, ciò è solo possibile in quanto esso appartiene ad un altro uomo estraneo all'operaio. Quando la sua attività gli è penosa, essa dev'essere godimento per un altro, gioia di vivere di un altro. Non gli Dei, non la natura, soltanto l'uomo stesso può essere questa potenza estranea sopra all'uomo. [...] L'impiego piú utile del capitale è per il capitalista quello che a pari sicurezza rende maggior profitto... Le operazioni più importanti del lavoro sono regolate e condotte secondo i piani e le speculazioni di coloro che impiegano i capitali, e lo scopo ch'essi si propongono... è il profitto. [...] E un eunuco non lusinga piú bassamente il suo despota, e non cerca con dei mezzi piú infami di eccitarne la ottusa facoltà di godimento, per carpirgli un favore, di come l'eunuco dell'industria, il produttore, per carpire la moneta d'argento o cavar fuori l'uccellino d'oro dalle tasche del prossimo cristianamente amato, si piega ai capricci piú bassi dell'altro, fa da mezzano fra questi e il suo bisogno, eccita in lui desideri morbosi, spia ogni sua debolezza, per poi chiedere il compenso per questo affettuoso servizio. [...] Ciò che è mio mediante il denaro, ciò che io posso, cioè può il denaro comprare, ciò sono io, il possessore del denaro stesso. Tanto grande la mia forza quanto grande la forza del denaro. Le proprietà del denaro sono mie, di me suo possessore... Ciò che io sono e posso, dunque, non è affatto determinato dalla mia individualità... Io sono, come individuo, storpio, ma il denaro mi dà 24 gambe: non sono dunque storpio... [...] Il comunismo come soppressione positiva della proprietà privata... e quindi come reale appropriazione dell'essenza dell'uomo mediante l'uomo e per l'uomo; perciò come ritorno dell'uomo per sé, dell'uomo come essere sociale, cioè umano, ritorno completo, fatto cosciente, maturato entro tutta la ricchezza dello svolgimento storico sino ad oggi. Questo comunismo... è la vera risoluzione dell'antagonismo tra la natura e l'uomo e tra l'uomo e l'uomo... È la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione... L'intero movimento della storia è quindi l'atto reale di generazione del comunismo.

 

(K. Marx, Manoscritti economico-filosofici)