MORRIS, SEMIOTICA PRAGMATICA, SEMANTICA, SINTATTICA

 

Se consideriamo la semiosi come relazione triadica di veicolo segnico, designatum e interprete, possiamo isolarvi a scopo di studio numerose relazioni diadiche. Si possono studiare le relazioni dei segni con gli oggetti cui sono applicabili. Chiameremo questa relazione dimensione semantica della semiosi, simbolizzandola con il segno «D sem»; lo studio di questa dimensione sarà chiamato semantica. Oppure il soggetto di studio può essere la relazione dei segni con gli interpreti. Chiameremo questa relazione dimensione pragmatica della semiosi, simbolizzandola con «D p»; lo studio di questa dimensione avrà il nome di pragmatica. La sintassi logica trascura deliberatamente ciò che qui abbiamo chiamato dimensioni semantica e pragmatica della semiosi, per concentrarsi sulla struttura logico-grammaticale del linguaggio, cioè sulla dimensione sintattica. Guardando le cose in questi termini, si ha una «lingua» (cioè un «L-sin») ogni volta che si ha una collezione di oggetti combinati fra loro secondo due classi di regole: regole di formazione, che stabiliscono quali combinazioni indipendenti di membri della collezione siano permesse (tali combinazioni vengon dette «enunciati»), e regole di trasformazione, che stabiliscono quali enunciati siano derivabili da altri enunciati. Possiamo riunire le due nel termine «regola sintattica». La sintattica, dunque, è esame dei segni e delle combinazioni segniche in quanto soggetti alle regole sintattiche. Essa non si occupa delle proprietà individuali dei veicoli segnici, né delle loro relazioni altre dalle sintattiche (cioè determinate da regole sintattiche).

 

(C. Morris, Lineamenti di una teoria dei segni)