Newton, L’orologio e il suo orologiaio

L’armonia dei movimenti dei corpi celesti “non poté sorgere senza il progetto e la potenza di un ente intelligente e potente”. Mentre tutte le altre prove dell’esistenza di Dio, legate alla metafisica classica, perdevano di credibilità, questa sembrava particolarmente convincente. Con la legge di gravitazione universale l’universo appariva come un grande orologio e Dio ne era il suo orologiaio.

I. Newton, Principi matematici della filosofia naturale, III

[...] I sei principali pianeti ruotano intorno al Sole in cerchi concentrici al Sole con moto orientato nella stessa direzione e all’incirca sul medesimo piano. Dieci lune ruotano intorno alla Terra, a Giove e a Saturno in cerchi concentrici con moto orientato nella stessa direzione e approssimativamente sui piani delle orbite dei pianeti. E tutti questi moti regolari non traggono origine da cause meccaniche; le comete infatti sono trasportate liberamente in tutte le parti del cielo secondo orbite fortemente eccentriche. E per questo moto le comete passano molto rapidamente e facilmente attraverso le orbite dei pianeti; e nei propri afelii dove sono piú lente e indugiano piú a lungo, sono cosí distanti le une dalle altre che si attirano reciprocamente in misura minima. Questa elegantissima compagine del Sole, dei pianeti e delle comete non poté sorgere senza il progetto e la potenza di un ente intelligente e potente. E se le stelle fisse sono a loro volta centri di sistemi analoghi, tutti questi, essendo costruiti con identico disegno, saranno soggetti al potere dell’Uno: soprattutto in quanto la luce delle stelle fisse è della medesima natura della luce del Sole e tutti i sistemi inviano la luce reciprocamente verso tutti gli altri. E affinché i sistemi delle stelle fisse non cadano l’uno sull’altro, a causa della gravità, Egli pose una distanza immensa tra loro.

Egli regge tutte le cose non come anima del mondo, ma come signore di tutti gli universi e per il suo dominio suole essere chiamato Signore Dio pantokrator [dominatore universale]. Dio infatti è una parola relativa e si riferisce ai servi: e la divinità è il dominio di Dio, non sul proprio corpo, come ritengono coloro per i quali Dio è l’anima del mondo, ma sui servi. Il sommo Dio è l’ente eterno, infinito, assolutamente perfetto: ma un ente, per quanto perfetto, che però sia senza dominio non è il signore Dio [...] Dalla vera dominazione consegue che il vero Dio è sommo, cioè sommamente perfetto. Egli è eterno e infinito, onnipotente e onnisciente, dura dall’eternità per l’eternità, ed è presente nell’infinito dalla infinità. Regge tutto e conosce tutto, sia le cose che avvengono, sia quelle che possono avvenire. Non è eternità e infinità, ma è eterno e infinito; non è durata e spazio, ma dura ed è presente. Dura sempre ed è presente ovunque, e poiché esiste sempre e ovunque, costituisce la durata e lo spazio, la infinità e l’eternità. Ogni particella dello spazio è sempre, ogni momento individibile della durata e ovunque: l’Autore e Signore di tutte le cose non potrebbe essere mai e in nessun luogo. Ogni anima senziente è la stessa persona individibile nei diversi tempi, nei diversi organi di senso e nei movimenti. Nella durata sono presenti parti successive, nello spazio parti coesistenti: ma né le une né le altre sono presenti nella persona dell’uomo, nel suo principio pensante, e molto meno nella sostanza pensante di Dio. Ogni uomo, in quanto senziente, è un solo identico uomo in tutti i singoli organi di senso. Dio è un solo e identico Dio sempre e dovunque. Dio non è onnipresente per la sola virtú, ma anche per la sostanza, giacché non può sussistere virtú senza sostanza. In lui gli universi sono contenuti e mossi, ma senza nessun reciproco turbamento. Dio non patisce niente a causa dei moti dei corpi i quali non avvertono alcuna resistenza a causa dell’onnipresenza di Dio. È manifesto che il sommo Dio deve esistere necessariamente, e in virtú della medesima necessità è sempre e ovunque. Per cui è anche interamente simile a se stesso, tutto occhio, tutto orecchio, tutto cervello, tutto braccio, tutto forza sensoriale, intellettiva e attiva, ma in modo nient’affatto umano, nient’affatto corporeo, in modo a noi del tutto sconosciuto. Come il cieco non ha idea dei colori, cosí non abbiamo idea dei modi in cui Dio sapientissimo sente e capisce tutte le cose. È  completamente privo di corpo e di figura corporea e perciò non può essere visto né udito, né toccato, né deve essere venerato sotto la specie di qualcosa di corporeo. Abbiamo delle idee degli attributi, ma non conosciamo per niente cosa sia la sostanza di una cosa. Dei corpi vediamo soltanto le figure e i colori, sentiamo soltanto i suoni, tocchiamo soltanto le superfici esterne, odoriamo soltanto gli odori e gustiamo i sapori, ma non conosciamo le sostanze intime con nessun senso, con nessuna attività riflettente; e molto meno abbiamo un’idea della sostanza di Dio. Noi lo conosciamo soltanto attraverso le sue proprietà ed attributi e per la sapientissima ed ottima struttura delle cose e per le cause finali; e lo ammiriamo in virtú della perfezione, ma in verità lo veneriamo e lo adoriamo a causa del suo dominio. Noi adoriamo infatti come servi, e Dio senza dominio, provvidenza e cause finali non è altro che fato e natura. Ma da una cieca necessità metafisica che è perfettamente identica sempre e dovunque non sorge nessuna varietà delle cose. L’intera diversità per luoghi e per tempi delle cose create poté sorgere soltanto dalle idee e dalla volontà di un Ente necessariamente esistente. In senso allegorico infatti si dice che Dio vede, ode, parla, ride, ama, odia, desidera, dà, prende, si adira, combatte, fabbrica, fonda, costruisce, poiché ogni discorso intorno a Dio deriva interamente dalle cose umane per similitudine, non certo perfetta, ma tuttavia somigliante. E tutto questo intorno a Dio: intorno al quale è compito della filosofia naturale parlare partendo dai fenomeni.

P. Rossi, La rivoluzione scientifica: da Copernico a Newton, Loescher, Torino, 1973, pagg. 320-324