Nietzsche, Il superuomo

In questo celebre passo dello Zarathustra Nietzsche ci presenta la figura del superuomo (soprauomo, oltreuomo...), che egli definisce “il vero senso della terra”, il “nuovo Dioniso”. Da notare che la struttura del discorso nicciano ricalca quello del Vangelo noto come “Discorso della montagna” o “Discorso delle beatitudini”.

 

F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra

 

E Zarathustra cosí parlò al popolo:

“Io vi insegnerò cos’è il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto per superarlo?

Tutti gli esseri fino ad oggi hanno creato qualcosa che andava al di là di loro stessi: e voi invece volete essere la bassa marea di questa grande ondata e tornare ad esser bestie piuttosto che superare l’uomo?

Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l’uomo per il Superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna.

Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, ma in voi c’è ancora molto del verme. Una volta eravate scimmie, e anche adesso l’uomo è piú scimmia di qualsiasi scimmia al mondo. Ma anche il piú saggio di voi non è che un essere ibrido, qualcosa di mezzo fra la pianta e lo spettro. È questo forse ch’io vi comando di essere? Fantasmi o piante?

Guardate, io invece vi insegno a diventare Superuomini!

Il Superuomo, ecco il vero senso della terra. La vostra volontà quindi dica: il Superuomo diventi il senso della terra.

Vi scongiuro, o fratelli, siate fedeli alla terra, e non credete a coloro che vi parlano dl speranze ultraterrene! Essi sono dei manipolatori di veleni, sia che lo sappiano, o no.

Sono degli spregiatori della vita, dei moribondi, degli intossicati dei quali la terra è stanca: se ne vadano in pace!

Una volta il peccato contro Dio era il peggior sacrilegio; ma Dio è morto, e perciò sono morti anche questi esseri sacrileghi. Peccare contro la terra, ecco la cosa piú terribile che si può fare oggi; stimare di piú le viscere dell’imperscrutabile che non il senso della terra!

Un tempo l’anima guardava con disprezzo al corpo: e allora questo disprezzo era la cosa piú alta: essa voleva che fosse magro, affamato, orribile. Cosí pensava di sfuggire a lui e alla terra.

Oh, quell’anima era essa stessa orribile, magra, affamata: e la gioia di quell’anima era la crudeltà!

Ma anche voi, fratelli miei, ditemi: che cosa vi dice il corpo a proposito di questa vostra anima? Non è essa povertà, sporcizia e un miserabile benessere?

In verità, l’anima è un sudicio fiume. Bisogna essere un mare per accogliere in sé un sudicio fiume senza diventare impuri.

Ecco, io vi insegnerò a diventare Superuomini; il Superuomo è appunto quel mare, in cui si può perdere il vostro grande disprezzo.

Qual è l’esperienza piú grande che potete avere? L’ora del grande disprezzo. L’ora in cui la vostra felicità vi farà nausea, e anche la vostra ragione, e la vostra virtú.

È l’ora in cui direte: ‘Che mi importa della mia felicità? Essa non è che povertà e sporcizia e un miserabile benessere. Ma la mia felicità dovrebbe giustificare la mia stessa esistenza’.

È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia ragione? Ha essa forse, fame di sapere, come il leone di nutrimento? Essa è povertà e sporcizia e un miserabile benessere!’

È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia virtú? Ancora non mi ha reso furibondo. Come sono stanco del mio Bene e del mio Male! Tutto ciò è povertà e sporcizia: e un miserabile benessere!’

È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia giustizia? Non vedo ancora ch’io sia diventato fiamma ardente e carbone!’

È l’ora in cui direte: ‘Che me ne importa della mia compassione? Non è la pietà la croce cui viene inchiodato colui che amò gli uomini? Ma la mia pietà non è una crocifissione’.

Avete già parlato cosí? Gridato cosí? Ahimè, se mai vi avessi già udito gridare a quel modo!

Non il vostro peccato, no, è la vostra moderazione che grida vendetta al cielo, l’avarizia che conservate nei vostri stessi peccati!

Dov’è il lampo che deve leccarvi con la sua lingua? La follia con cui dovete essere vaccinati?

Ecco, io vi insegno a diventare Superuomini: essi sono quel lampo, essi sono quella follia!”

Quando Zarathustra ebbe cosí parlato, uno della folla gridò: “Abbiamo sentito abbastanza il funambolo, ora vogliamo anche vederlo!” E il popolo rise di Zarathustra. Ma il funambolo, che credeva che quelle parole fossero rivolte a lui, si mise all’opera.

Zarathustra tuttavia guardò il popolo e stupí. Poi parlò in questa guisa:

“L’uomo è una corda annodata fra l’animale e il Superuomo, una corda tesa sopra un abisso.

Un pericoloso andar dall’altra parte, un pericoloso metà-cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e star fermi.

Ciò che v’è di grande nell’uomo, è che egli è un ponte e non uno scopo: ciò che si può amare nell’uomo, è che egli è un passaggio e una caduta.

Io amo coloro che non sanno vivere anche se sono coloro che cadono perché essi sono coloro che attraversano.

Io amo i grandi spregiatori, perché sono i grandi adoratori, sono frecce di nostalgia verso l’altra riva.

Io amo coloro che non soltanto dietro le stelle cercano una ragione per sacrificarsi e andare a fondo; ma che si sacrificano per la terra, affinché essa divenga un giorno proprietà del Superuomo.

Io amo colui che vive per conoscere, e che vuole conoscere perché un giorno il Superuomo possa vivere. E cosí vuole la propria distruzione.

Io amo colui che lavora e inventa, in modo da costruire la casa per il Superuomo e preparare per lui la terra, l’animale e la pianta; perché cosí facendo vuole la propria distruzione.

Io amo colui che ama la sua virtú: perché la virtú è volontà di distruzione e freccia della nostalgia.

Io amo colui che non serba in sé una sola goccia del proprio spirito, al contrario, vuol essere interamente lo spirito della propria virtú: e cosí passerà come spirito sopra il ponte.

Io amo colui che della propria virtú fa la propria inclinazione e il stesso destino: cosí, per amore della sua virtú, vorrà ancora vivere, e al tempo stesso non piú vivere.

Io amo colui che non vuole avere troppe virtú. Una virtú vale piú di due virtú, perché essa è doppiamente un nodo cui si attacca il destino.

Io amo colui che spreca la propria anima, che non vuole ringraziamenti, e che non restituisce nulla: perché egli dona sempre e non vuole conservarsi.

Io amo colui che si vergogna quando il dado cade in modo favorevole a lui, e si chiede: ‘Sono forse un baro?’ giacché egli vuole andare a fondo.

Io amo colui che getta parole d’oro davanti alle sue azioni e mantiene sempre piú di ciò che ha promesso: perché egli vuole la propria distruzione.

Io amo colui che giustifica quelli che verranno e assolve quelli che sono tramontati: poiché egli vuole andare a fondo a causa degli uomini del presente.

Io amo colui che castiga il proprio Dio perché lo ama, giacché egli perirà per la collera del suo Dio.

Io amo colui la cui anima resta profonda anche nella ferita e può esser distrutto anche da un piccolo avvenimento, perché cosí andrà volentieri all’altro capo del ponte.

Io amo colui la cui anima è troppo ricca, sí che egli dimentica se stesso e tutte le cose che sono in lui: in tal guisa tutte le cose diverranno la sua distruzione.

Io amo colui che è libero di spirito e di cuore: perché la sua testa sarà soltanto il viscere del suo cuore; il suo cuore tuttavia lo spingerà verso la rovina.

Io amo tutti coloro che sono come gocce pesanti che cadono a una a una dalla nera nube che sovrasta all’uomo: essi annunciano che sta per venire il fulmine e periscono come annunciatori.

Vedete, io sono un annunciatore del fulmine, sono una di quelle gocce che cadono dalla nube: quel fulmine si chiama Superuomo”.

 

F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra, Longanesi, Milano, 1979, pagg. 37-41