Nietzsche, Sul giudaismo e sul cristianesimo

Siamo di fronte ad un aspetto del pensiero di Nietzsche su cui egli insisterà sempre di piú nelle sue opere fino ai toni parossistici dell’Anticristo. Il filosofo tedesco riprende molti degli argomenti tipici dell’illuminismo. La differenza sta nel fatto che invece di combattere per la luce contro le tenebre, egli combatte la battaglia degli spiriti forti, degli aristocratici contro il “risentimento” dei deboli, dello spirito plebeo.

 

F. Nietzsche, Genealogia della morale

 

Tutto quello che si è fatto sulla terra contro “gli aristocratici”, “i forti”, “i signori”, “i potenti” non meriterebbe nemmeno di essere citato in confronto a quello che gli Ebrei hanno fatto contro di loro; gli Ebrei, quel popolo sacerdotale che non ritenne di aver ricevuto la dovuta soddisfazione dai propri nemici e sopraffattori, se non dopo averne radicalmente ribaltato i valori, cioè solo grazie a un atto della piú spirituale vendetta. Questo solo era adeguato a un popolo sacerdotale, al popolo della piú latente sete di vendetta sacerdotale. Sono stati gli Ebrei che hanno osato ribaltare e mantenere, stringendo i denti dell’odio piú abissale (l’odio della impotenza), l’equazione aristocratica di valore (buono = aristocratico = potente = bello = felice = caro agli dei), cioè “i miserabili solo sono i buoni, i poveri, gli impotenti, gli umili solo sono i buoni, i sofferenti, gli indigenti, i malati, i brutti sono anche gli unici a essere pii, beati in dio, solo a loro è concessa la beatitudine – là dove voi, al contrario, – voi nobili e potenti, voi sarete per l’eternità i malvagi, i crudeli, i corrotti, gli insaziabili, gli empî, e sarete anche per l’eternità infelici, dannati, e maledetti!”... Si sa chi ha ereditato questo sovvertimento di valore giudaico... A proposito dell’iniziativa mostruosa e oltremodo fatale assunta dagli Ebrei con questa dichiarazione di guerra, radicale piú di ogni altra, mi sovven­go di quello che ho detto in altra occasione (Al li là del bene e del male, p. 118) – che cioè con gli Ebrei si inizia la rivolta degli schiavi nella morale: rivolta che ha dietro di sé duemila anni di storia e che oggi abbiamo perso di vista solo perché essa – ha vinto...

 

8.

– Ma non lo capite? Non avete occhi per questa cosa che ha avuto bisogno di due millenni per arrivare alla vittoria?... E non c’è da meravigliarsene: tutte le cose lunghe sono diffacili da vedere, da afferrare nel loro insieme. Questo è però accaduto: dal tronco di quell’albero della vendetta e dell’odio, dell’odio giudaico – dell’odio piú profondo e piú sublime e perciò stesso creatore di ideali, e sovvertitore di valori, di cui sulla terra non si è mai dato l’uguale – da questo tronco è nato qualcosa di altrettanto incomporabile, un nuovo amore, un amore piú profondo e sublime di tutti gli altri – e da quale altro tronco sarebbe mai potuto nascere? ... Non si creda però che esso sia cresciuto come vera e propria negazione di quella sete di vendetta, come l’antitesi dell’odio giudaico!

No, è vero piuttosto il contrario! L’amore sbocciò dall’odio, come sua corona, corona trionfale, che alla luce piú pura e chiara e forte del sole si allargava sempre di piú; e tesa agli stessi fini di quell’odio, cerca nel regno della luce e dell’altezza la vittoria, la preda, la seduzione, con lo stesso impeto con cui le radici di quell’odio affondavano sempre piú profon­damente e avidamente in tutto ciò che era profondo e mal­vagio. Questo Gesú di Nazareth, vivente vangelo dell’amore, questo “Salvatore” che porta ai poveri, ai malati, ai peccatori beatitudine e vittoria – non ha rappresentato forse la sedu­zione nella sua forma piú sinistra e irresistibile, la seduzione e la via tortuosa proprio verso quei valori e quel rinnovamento giudaico dell’ideale? Israele non ha forse raggiunto proprio per la via traversa di questo “Salvatore”, di questo apparente oppositore e dissolvitore di Israele, il fine supremo della sua sublime sete di vendetta? Non è forse proprio della misteriosa magia nera di una politica della vendetta realmente gran­de, di una vendetta lungimirante, sotterranea, che progredisce lentamente secondo calcolati programmi, il fatto che Israele stesso ha voluto rinnegare e inchiodare alla croce di fronte al mondo intero come qualcosa di mortalmente ostile, proprio lo strumento della propria vendetta, acciocché il mondo intero, e cioè tutti i nemici di Israele potessero abboccare senza sospetto proprio a questa esca? E d’altra parte, chi mai potrebbe pensare, con tutta la massima sottigliezza di spirito, a un’esca piú pericolosa di questa? Qualcosa che per forza di attrazione, per forza ipnotica, inebriante e rovinosa possa essere simile a quel simbolo della “santa croce”, a quel paradosso terrifico di un “Dio in croce”, a quel mistero di una crudeltà inconcepibile, estrema, e di una autocrocefissione di Dío per la salvezza degli uomini?... Certo è, perlomeno, che sub hoc signo Israele ha continuato da allora a trionfare con la sua vendetta e col suo sovvertimento di tutti i valori, su tutti gli altri ideali, su tutti gli ideali piú nobili.

– “Ma che significa parlare di piú nobili ideali. Rassegnamoci ai fatti: il popolo ha vinto – ovverosia “gli schiavi”, o “la plebe”, o “il gregge”, o come altro volete chiamarla – e se questo è avvenuto tramite gli iebrei, ebbene, mai nessun popolo ha avuto una rnissione storica piú universale! I signori sono stati spazzati via: la morale dell’uomo comune ha vinto. Questa vittoria può essere vista anche come un avvelenamento del sangue (ha mescolato le razze tra loro) – non dico di no, ma è innegabile che questa intossicazione abbia avuto succcesso. La “salvezza” del genere umano (cioè dei “signori”) è sulla strada migliore; tutto si giudaizza, si cristianizza o si plebeizza a vista d’occhio (che importano le parole!).

 

F. Nietzsche, Genealogia della morale, Newton Compton, Roma, 1977, pagg. 55-57