Pascal, La distrazione (le divertissement)

Siamo di fronte a un altro degli argomenti piú noti del pensiero pascaliano, reso oggi ancora piú attuale dall'avvento dei mezzi di comunicazione e di “distrazione” di massa. Pascal indaga il mistero che sta dietro al continuo desiderio dell'uomo di distrarsi, di non pensare.

 

B. Pascal, Pensieri, S. 348-352, 359; B. 168, 127, 129, 169, 131, 142

 

348. Distrazione. Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, hanno risolto, per viver felici, di non pensarci.

349. Condizione dell'uomo: incostanza, noia, inquietudine.

350. La nostra natura è nel movimento; il riposo assoluto è la morte.

351. Nonostante tutte queste miserie, l'uomo vuol essere felice, e vuole soltanto esser felice, e non può non voler esser tale. Ma come fare? per riuscirci, dovrebbe rendersi immortale; siccome non lo può, ha risolto di astenersi dal pensare alla morte.

352. Noia. Nulla è cosí insopportabile all'uomo come essere in un pieno riposo, senza passioni, senza faccende, senza svaghi, senza occupazione. Egli sente allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. E subito sorgeranno dal fondo della sua anima il tedio, l'umor nero, la tristezza, il cruccio, il dispetto, la disperazione. [...]

359. Distrazione. La dignità regale non è forse di per sé cosí grande per se stessa da render felice chi la possiede con la sola visione di quel che è? Bisognerà distrarlo da quel pensiero, come la gente comune? Vedo bene che, per render felice un uomo, basta distrarlo dalle sue miserie domestiche e riempire tutti i suoi pensieri della sollecitudine di ballar bene. Ma accadrà il medesimo con un re, e sarà egli piú felice attaccandosi a quei frivoli divertimenti anziché allo spettacolo della sua grandezza? E qual oggetto piú soddisfacente si potrebbe dare alla sua mente? Non sarebbe far torto alla sua gioia occupare il suo animo a cercare di adattare i suoi passi al ritmo d'una musica o di mettere a segno una palla, invece di lasciarlo godere tranquillo la contemplazione della gloria maestosa che lo circonda? Se ne faccia la prova: si lasci un re completamente solo, senza nessuna soddisfazione dei sensi, senza nessuna occupazione della mente, senza compagnia, libero di pensare a sé a suo agio; e si vedrà che un re privo di distrazioni è un uomo pieno di miserie. Cosí si evita con cura un tal caso, ed esso ha sempre intorno a sé un gran numero di persone che badano a far seguire agli affari di Stato gli svaghi e che predispongono piaceri e giuochi per riempire tutto il tempo in cui resterebbe altrimenti in ozio, dimodoché non resti mai un vuoto. Ossia, i re son circondati da persone che si prendono una cura singolare di evitare che restino soli e in condizione di pensare a loro stessi, ben sapendo che, se ci pensassero, sarebbero infelici, nonostante che siano re.

In tutto questo discorso, parlo dei re cristiani non in quanto cristiani, ma solo in quanto re.

 

(B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi, Torino, 1967, pagg. 150-151 e 157)