Popper, il radicalismo estremo di Platone

Fermamente convinto del carattere autoritario e totalitario della filosofia platonica è K. R. Popper (1892-1994), che ha infatti scelto il sottotitolo Platone totalitario per il primo volume dell’opera La società aperta e i suoi nemici, da cui è tratta la pagina che segue. Proprio il progetto educativo di Platone appare a Popper lo strumento piú adatto a costruire una società conformista e conforme alla volontà dei governanti. Chi governa lo stato può ben essere un filosofo, ma se è convinto di possedere una Verità incontrovertibile, di conoscere l’Idea del Bene e quella della Bellezza, e la vuole trasmettere in maniera acritica alle nuove generazioni, può mettere in moto un meccanismo che porta troppo facilmente a misure violente.

 

K. R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, I, 9

 

È interessante rilevare la stretta relazione che intercorre fra l’estremo radicalismo di Platone, la sua richiesta di misure globali e il suo estetismo. I passi seguenti sono oltre modo rivelatori. Platone, parlando del “filosofo [che] vive in armonia con ciò che è divino”, ricorda prima di tutto che egli “si trova [...] costretto a tentare di tradurre [...] gli oggetti delle sue sublimi visioni, sia nell’ambito privato sia in quello pubblico”, in uno stato che mai “potrà essere felice se non è disegnato da quei pittori che dispongono del modello divino”. Richiesto di dettagli sulla loro attività, il “Socrate” di Platone replica in questo modo singolare: “Dopo aver preso [...], come se si trattasse di una tela, lo stato e i caratteri umani, in primo luogo lo renderanno puro, cosa non facile. In ogni caso vedi bene che ci sarebbe subito un punto di differenza dagli altri: non consentiranno a occuparsi né di un privato né di uno stato, né a stendere testi di legge se prima non avranno ricevuto puro quel privato o quello stato, oppure non l’avranno reso tale essi stessi” (Repubblica, 500 d-501 a).

A che cosa Platone pensi quando parla di ripulita della tela risulta chiaro da quel che segue. “In che modo?” domanda Glaucone. “Manderanno via – risponde Socrate – in campagna, tutti i cittadini che abbiano compiuto i dieci anni; ne prenderanno i figlioli sottraendoli all’influsso degli odierni costumi, che sono pure quelli dei genitori, e li alleveranno secondo i loro modi [della vera filosofia] e leggi, che sono quelli da noi esposti prima” (Repubblica, 540 e-541 a). (I filosofi, naturalmente, non sono compresi fra i cittadini da espellere: essi rimangono come educatori, e vi rimarranno pure, presumibilmente, quei non-cittadini che devono provvedere al funzionamento dell’impresa) [...].

Questo è il modo in cui deve operare il politico-artista. Questo è il significato della ripulitura della tela. Il politico-artista deve sradicare le istituzioni e tradizioni esistenti. Egli deve purificare, purgare, espellere, bandire e uccidere. (“Liquidare” è il terribile termine moderno che corrisponde a tutto ciò). La dichiarazione di Platone è in realtà una descrizione precisa dell’inflessibile atteggiamento di tutte le forme di radicalismo estremo – del rifiuto del compromesso da parte dell’esteta. La concezione secondo la quale la società dev’essere bella come un’opera d’arte porta troppo facilmente a misure violente.

 

(K. R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. I, Armando, Roma, 1973, pagg. 232-233)