PLUTARCO, la pratica della filosofia

 

Antifone diceva scherzando che in una città le parole appena pronunciate congelavano per il freddo e che, quando poi in estate si scioglievano, si sentivano le parole pronunciate in inverno. Allo stesso modo – diceva – la maggior parte delle persone comprende a stento e troppo tardi – quando sono divenute anziane – le parole pronunciate da Platone per loro quando erano giovani. E per la filosofia nella sua interezza hanno sofferto fino a che la scelta che porta a coloro che possono sviluppare una nobiltà di carattere una stabilità estremamente giovevole ha iniziato a raccogliere ed esaminare i discorsi, le orme dei quali sono rivolte, secondo Esopo, più verso l’interno che verso l’esterno. Come infatti diceva Sofocle, dopo aver adottato scherzando l’ampollosità di Eschilo, e successivamente l’asprezza e l’artificiosità della propria costruzione, di dover cambiare ormai la terza forma stilistica, che è estremamente raffinata e bellissima, così coloro che si occupano di filosofia, quando passano dai panegirici e dai discorsi artificiosi al discorso che richieda carattere e sentimento, iniziano a fare progressi veri e privi di orgoglio.

 

(Plutarco di Cheronea, Quomodo quis in virtute sentiat profectus, 79 a - b)