Russell, Sul rapporto fra la matematica e la logica

La storia della filosofia ha diviso e tenuto distinti i campi della matematica e della logica.  Ma la ricerca ha portato a concludere che la matematica e la logica sono identiche. Russell mette poi in evidenza la complessità dei problemi collegati all’argomento.

 

B. Russell, I principi della matematica

 

La tesi fondamentale dell’opera, che la matematica e la logica siano identiche, è una tesi che io non ebbi finora ragione di modificare. Essa fu dapprima impopolare, a causa della tradizione che associava la logica con la filosofia e con Aristotele, per modo che i matematici sentivano la logica estranea ai loro interessi, e coloro che si consideravano dei logici accettavano malvolentieri di essere costretti ad impadronirsi di una tecnica matematica nuova e piuttosto difficile. Ma tali sentimenti non avrebbero avuto alcuna influenza durevole, se non avessero trovato sostegno in piú serie ragioni di dubbio. Queste ragioni sono, parlando in generale, di due specie opposte: le prime si connettono all’esistenza di certe difficoltà insolute nella logica matematica, le quali fanno apparire tale logica meno sicura di quanto si ritiene che sia la matematica; le seconde derivano dal fatto che, se si accettasse la fondazione logica della matematica, ciò giustificherebbe o tenderebbe a giustificare molte ricerche, come quelle di Giorgio Cantor, che da vari matematici sono considerate con sospetto a causa dei paradossi insoluti che tali ricerche hanno in comune con la logica. [...]

Definire la logica o la matematica non è quindi per nulla facile, salvo che in relazione a qualche dato gruppo di premesse. Una premessa logica deve avere certe caratteristiche, che possono essere cosí definite: essa deve avere una generalità completa, nel senso di non menzionare alcuna cosa o qualità particolare; deve inoltre essere vera in virtú della sua forma. Dato un gruppo definito di premesse logiche, possiamo chiamare logica in relazione ad esse qualunque cosa che esse ci mettono in grado di dimostrare. Sennonché: primo, è difficile dire che cosa renda una proposizione vera in virtú della sua forma; secondo, è arduo scorgere il modo di provare che il sistema risultante da un dato gruppo di premesse è completo, nel senso di abbracciare qualunque cosa che si possa desiderare di includere tra le proposizioni logiche. Riguardo a questo secondo punto, si è soliti accettare la logica corrente e la matematica come un datum, e ricercare il minor numero di premesse da cui questo datum possa essere ricostruito. Ma quando sorgono dubbi, come sono sorti, riguardo alla validità di certe parti della matematica, questo metodo ci lascia nell’imbarazzo.

Sembra chiaro che vi debba essere qualche maniera di definire la logica in altro modo che con riferirla a un particolare linguaggio logico. La caratteristica fondamentale della logica è, ovviamente, ciò che si indica col dire che le proposizioni logiche sono vere in virtú della loro forma. La questione della dimostrabilità non può essere invocata, dato che ogni proposizione che, in un sistema, risulta dedotta dalle premesse, potrebbe, in un altro sistema, venir presa essa stessa come una premessa. Questo può non riuscire conveniente quando la proposizione sia complicata, ma non è impossibile. Tutte le proposizioni che risultano dimostrabili in un qualsiasi sistema logico ammissibile devono condividere con le premesse la proprietà di risultare vere in virtú della loro forma; e tutte le proposizioni che risultano vere in virtú della loro forma dovrebbero essere incluse in una logica perfetta. [...]

Confesso tuttavia a che non sono capace di dare alcuna spiegazione chiara di ciò che si intende affermando che una proposizione è “vera in virtú della sua forma”. Pur tuttavia questa frase, cosí inadeguata com’è, mi sembra mettere a fuoco il problema che dovrebbe essere risolto se si trovasse una definizione adeguata della logica.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1978, vol. XXXI, pagg. 399 e 407-408