Sartre, La libertà e la responsabilità

“L'uomo è condannalo ad essere libero", proclama Jean-Paul Sartre in una formula apparentemente paradossale: Egli sottolinea così l'idea che. la libertà dell'uomo è infinita e che, allora, rende, l'uomo interamente responsabile delle sue scelte. Nessuna scusa, nessun rammarico: se. la libertà è assoluta, io scelgo il significato dato all'esistenza . La libertà m'impegna per il valore che io attribuisco all'umano.

 

"Tutto ciò che mi accade è mio: si deve intendere con questo, innanzitutto, che io sono sempre all'altezza di ciò che mi accade, in quanto uomo, perché ciò che accade a un uomo da; parte di altri uomini e da parte di se stesso non potrebbe essere (che umano. Le più atroci situazioni della guerra, le peggiori torture non creano una situazione inumana: non vi è situazione inumana; soltanto con la paura, la fuga e il ricorso a comportamenti magici io potrei decidere dell'inumano; ma questa decisione è umana e io ne porterei l'intera responsabilità. Ma la situazione è mia. inoltre. perché è l'immagine della mia libera scelta di me stesso, e tutto ciò che essa mi presenta è mio per il l'atto che mi rappresenta e mi simboleggia. Non sono io a decidere del coefficiente d'avversità delle cose e perfino della loro imprevedibilità nel decidere di me stesso? Così, non vi sono accidenti in una vita; un evento sociale che scoppia improvvisamente e mi coinvolge non viene dal di fuori; se io vengo richiamalo in una guerra, questa guerra è la mia guerra, essa e a mia immagine e io la merito. La merito innanzitutto perché potevo sempre sottrarmi ad essa, con il suicidio o la diserzione; queste possibili estreme sono quelle che debbono sempre essere presenti, quando si tratta d'immaginare una situazione. Se ho mancato di sottrarmi ad essa, io l'ho scelta; e questo forse per ignavia, per vigliaccheria di fronte all'opinione pubblica, perché preferisco certi valori a quello del rifiuto stesso di fare la guerra (la stima dei mici vicini, l'onore della mia famiglia, ecc.). In ogni caso, si tratta di una scelta. Questa scelta sarà reiterata in seguilo in maniera continua sino alla fine della guerra: è necessario, quindi, sottoscrivere le parole di J. Romains1: "In guerra non vi sono vittime innocenti". Se quindi ho preferito la guerra alla morte o al disonore, e come se portassi l'intera responsabilità di questa guerra. Senza dubbio, sono stati altri a dichiararla e si sarebbe tentati, forse, a considerarmi come un semplice complice. Ma questa nozione di complicità non ha che un significato giuridico; qui, essa non regge; infatti, e dipeso da me che per me e da parte mia questa guerra non esistesse, e io ho deciso che esistesse. Non vi è stata alcuna costrizione, perché la costrizione non potrebbe avere alcuna presa su una libertà; io non ho avuto alcuna scusa, perché, come abbiamo detto e ripetuto in questo libro, la caratteristica della realtà umana è che questa è senza scusa. Non mi resta, dunque, che rivendicare questa guerra. Ma, inoltre, essa è mia perché, per il solo fatto che essa sorge in una situazione che io pongo in essere, e perché non posso scoprirvela se non impegnandomi a favore o contro di essa, io non posso più distinguere ora la scelta che io faccio di me dalla scelta che io faccio di essa: vivere questa guerra significa scegliermi attraverso essa e sceglierla attraverso la mia scelta di me stesso. Non sarebbe possibile considerarla come "quattro anni di vacanze" o di "rinvio", come una "sospensione di seduta", essendo l'essenziale delle mie responsabilità altrove, nella mia vita coniugale, familiare, professionale. Ma in questa guerra che io ho scelta, io mi scelgo giorno per giorno e la faccio creando me stesso. Se essa deve essere quattro anni vuoti, sono io a portarne la responsabilità. Infine, (...) ogni persona è una scelta assoluta di sé sulla base di un mondo di conoscenze e di tecniche che questa scelta assume e chiarisce nello stesso tempo; ogni persona è un assoluto che fruisce di una data assoluta e del tutto impensabile in un'altra data. E dunque ozioso chiedersi ciò che io sarei stato se questa guerra non fosse scoppiata, perché io mi sono scelto come uno dei sensi possibili dell'epoca che conduceva insensibilmente alla guerra: io non mi distinguo da questa stessa epoca, non potrei essere trasportato in un'altra epoca senza contraddizione. Così sono io questa guerra che circoscrive, limita e fa comprendere il periodo che l'ha preceduta. In questo senso, alla formula che citavamo poco fa, "non vi sono vittime innocenti", bisogna aggiungere, per definire più nettamente la responsabilità del per-sé, quest'altra: "Si ha la guerra che si merita". Così, totalmente libero, indistinguibile dal periodo di cui io ho scelto di essere il senso, profondamente responsabile della guerra come se l'avessi dichiarata io stesso, non potendo affatto vivere senza integrarla nella mia situazione, senza impegnarmi completamente e segnarla con il mio sigillo, io debbo essere senza rimorsi e rimpianti come sono senza scusa, perché, dal momento del mio sbocciare all'essere, io porto il peso del mondo tutto da solo, senza che niente o nessuno possa alleggerirlo».

 

Jean-Paul Sartre, L'essere e il nulla, 1943, IV parte, cap. I.

 

1 Jules Romains: scrittore francese (1885-1972), autore di un importante ciclo romanzesco, Gli uomini di buona volontà, da cui è tratta la citazione.