Schopenhauer, Sulla libertà

Per Schopenhauer la libertà è legata all’essere e non al fare, perché noi agiamo sempre in base a ciò che siamo.

 

A. Schopenhauer, Libertà del volere, I e Il mondo come volontà e rappresentazione, II, 25

 

La nostra via, come è facile comprendere, ci conduce a cercare l’opera della nostra libertà non piú nelle singole azioni che compiamo, come fa il senso comune, ma nell’essere e nell’essenza tutta (existentia et essentia) dell’uomo, la quale deve venire considerata come il suo atto libero; dato che la facoltà conoscitiva è legata al tempo, allo spazio e alla causalità, questo atto viene rappresentato in una molteplicità e pluralità di azioni; ma queste azioni, appunto in virtú dell’unità originaria di quanto in esse viene rappresentato, debbono portare tutte lo stesso carattere e perciò apparire rigorosamente necessitate da quei singoli motivi, dai quali vengono sollecitate e via via determinate. È questa la ragione per la quale il principio ‘operari sequitur esse’ è valido senza eccezioni nel mondo della esperienza. Ogni ente agisce seguendo la sua propria natura, e la sua attività provocata da cause rivela appunto quella natura. Ogni uomo opera in conformità con quello che è, e la sua azione, cosí conforme, viene necessariamente determinata caso per caso solo da motivi particolari. La libertà, che non può essere ritrovata nell’operari, deve dunque risiedere nell’esse. In tutti i tempi si è commesso l’errore fondamentale (ysteron proteron) di attribuire la necessità all’esse e la libertà all’operari. È vero invece il contrario: la libertà risiede soltanto nell’esse; l’operari deriva necessariamente dai motivi e dall’esse; e noi riconosciamo quello che siamo sulla base di ciò che facciamo. Questo è, e non già il presunto liberum arbitrium indifferentiae, il fondamento della responsabilità di cui abbiamo coscienza, e della tendenza morale della vita. Tutto deriva da ciò che una persona è: ciò che fa, deriva da lei come un necessario corollario.

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La necessità piú rigorosa, sincera ed eseguita con rigorosa conseguenza, e la piú perfetta libertà, innalzata sino all’onnipotenza, dovrebbero cosí trovarsi simultaneamente ed insieme nella filosofia: ma questo potrebbe avvenire, senza offendere la verità, solo se tutta la necessità viene collocata nell’operare e nell’agire (operari), e se tutta la libertà viene posta nell’essere e nell’essenza (esse). Viene in tal modo risolto un problema, che è vecchio come il mondo, in quanto sino ad ora si è sempre proceduto in senso contrario al vero, si è, cioè, cercata la libertà nell’operari e la necessità nell’esse. Io dico invece: ogni essere, senza eccezione, opera con rigorosa necessità, ma questo stesso essere esiste ed è ciò che è, a causa della sua libertà.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pagg. 693-694 e 696