L’uomo non è nato per vivere solo, ma nemmeno è nato per vivere in una
società che lo nega come persona: la proposta di Stirner è quella dell’unione o associazione.
M. Stirner, L’unico e la sua proprietà, II, II, 2
Non l’isolamento o la solitudine è lo stato originale dell’uomo, ma la
società. La nostra esistenza comincia col piú stretto dei legami, giacché noi,
prima di respirare, viviamo nel corpo di nostra madre; aperti gli occhi al mondo,
eccoci nuovamente attaccati al seno di un essere umano: il suo amore ci culla
tenendoci in grembo, ci guida con le dande e ci lega con mille vincoli alla sua
persona. La società è il nostro stato di natura. Sempre per questo
motivo, man mano che acquistiamo consapevolezza di noi stessi, il primitivo,
intimo legame si allenta e il dissolvimento di quella società originaria si fa
sempre piú manifesto. La madre deve andarsi a prendere il figlio, che un tempo
ha portato in grembo, nella strada, in mezzo ai suoi compagni di gioco, per
riaverlo ancora una volta tutto per sé. Il bambino preferisce il rapporto che
contrae con i suoi pari a quello della società, che egli non ha
contratto, ma in cui anzi è soltanto nato.
[...]
È ben diverso che la società limiti la mia libertà oppure la mia
propria individualità. Nel primo caso, essa è un’unificazione, un
accordo, un’unione; ma se si attenta all’individualità, la società è una potenza
per sé, una potenza al di sopra di me, qualcosa che mi resta
inaccessibile e che io posso certo ammirare, adorare, venerare e rispettare, ma
non dominare e distruggere: non lo posso fare perché io mi rassegno. La
società sussiste grazie alla mia rassegnazione, al mio rinnegamento
di me, alla mia viltà chiamata u m i l t à. La mia umiltà, il mio
scoraggiamento costituiscono il suo coraggio, sulla mia sudditanza si fonda il
suo dominio.
[...]
Nell’unione tu porti con te tutta la tua potenza,
le tue facoltà, ti fai valere, nella società vieni adoperato con
la tua forza-lavoro; nella prima vivi in modo egoistico, nella seconda in modo
umano, cioè religioso, come “membro del corpo del Signore”: alla società devi
tutto quel che hai e le sei obbligato, sei
i n v a s a t o d a i d o v e r i
s o c i a l i; l’unione, invece, la utilizzi tu e te ne distacchi appena
non puoi trarne piú vantaggio, giacché non hai alcun obbligo di fedeltà. Se la
società è piú di te, è per te qualcosa di superiore; l’unione è solo un tuo
strumento, è la spada con la quale accresci e acuisci la tua forza naturale; l’unione
esiste per te e grazie a te, la società, invece, reclama molto da te ed esiste
anche senza di te; insomma la società è sacra, l’unione è tua propria:
la società ti utilizza, l’unione la utilizzi tu.
(M. Stirner, L’unico e la sua proprietà, Adelphi, Milano, 19954,
pagg. 320, 321-322, 327)