Strauss, Cristo è una figura ideale

Strauss constata che ormai la scissione fra il Gesú storico (l’uomo di Nazaret) e il Cristo ideale (il Dio-uomo) è compiuta e spiega la figura del Cristo con la necessità propria dell’uomo d’incarnare e storicizzare l’ideale.

 

 D. F. Strauss, La vita di Gesú o Esame critico della sua storia, vol. II

 

Fallito cosí il tentativo di riunione in Cristo l’ideale e lo storico, questi due elementi ormai si separano: il secondo si dispone come un residuo naturale; il primo sorge come una pura sublimazione nell’etere del mondo delle idee. Storicamente, Gesú non può essere stato altro fuorché un personaggio, per vero dire, eccellente, ma pur sottoposto ai limiti di ogni cosa finita. Mercé le qualità eminenti sue, egli commosse con tal potenza il sentimento religioso che questo sentimento fece di lui l’ideale della pietà; poiché in generale un fatto storico ed una persona storica non possono divenire la base di una religione positiva se non in quanto le si trasportano nella sfera dell’ideale.

Già Spinoza ha stabilita questa distinzione, sostenendo essere alla felicità necessario il conoscere, non il Cristo storico ma il Cristo ideale, ossia la esterna sapienza di Dio che si manifesta in ogni cosa, nel cuore umano in specie, e in grado soprattutto eminente nel Cristo, e che sola insegna agli uomini ciò che sia vero e falso, buono e cattivo.

Secondo Kant eziandio, non è la condizione necessaria di salvezza, il credere che tempo già, sia esistito un uomo il quale per la sua santità e per il suo merito soddisfa cosí per sé che per gli altri: però che la ragione nulla ci dica di questo; ma gli è un dovere imposto generalmente agli uomini lo elevarsi all’ideale della perfezione morale depositato nella ragione, e il fortificarsi, contemplandolo nella pratica della virtú: l’uomo non è obbligato che a questa credenza morale e non alla credenza storica.

Da ciò partendo, Kant cerca interpretare nel senso di questo ideale i singoli tratti della dottrina della Bibbia e della Chiesa intorno al Cristo. Soltanto la umanità o in generale l’essere cosmico ragionevole in tutta la sua perfezione morale può fare di un mondo l’oggetto della Provvidenza divina e lo scopo della creazione. Questa idea della umanità dilettava Dio vivo in Dio ab eterno; essa procede dalla essenza di Lui, e in questo senso non è una cosa creata, ma è il suo figlio innato, è il verbo per il quale, vale a dire, per l’amor del quale ogni cosa fu fatta, e nel quale Iddio ha rinato il mondo. Siccome questa idea della perfezione morale non ha per autore l’uomo, bensí ha preso posto in lui senza che si comprenda come la di lui natura potesse esserne suscettibile, cosí ben può dirsi che questo tipo primitivo è disceso verso noi dall’alto del cielo, ed ha rivestita l’umanità: la qual riunione con noi può essere considerata come uno stato d’abbassamento del figlio di Dio. Questo ideale della perfezione morale, quale il comporta un essere cosmico dipendente da bisogni e da tendenze, non può essere concepito da noi che sotto le forme di un uomo; anzi, siccome noi non possiamo farci alcuna idea della potenza di una forza e quindi neanche della disposizione morale, se non a condizione di figurarcela lottante contro ostacoli e trionfante benché assalita d’ogni lato, questo ideale si presenterà a noi sotto la forma di un uomo pronto non solo a compiere egli stesso ogni dovere umano e a propagare il piú possibile con la sua dottrina e col maggior vantaggio del genere umano, e malgrado le seduzioni piú attive, ogni sorta di patimenti, fino alla morte piú ignominiosa.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pagg. 870-872