Strauss, Gesú Cristo come mito sacro

Secondo Strauss la storia di Cristo è la storia della natura umana perché mostra come l’uomo deve essere. Ciò spiega il successo straordinario dei Vangeli, il cui valore spirituale è universale. Il nome Horst è ricordato soltanto in questa pagina dell’opera.

 

D. F. Strauss, La vita di Gesú o Esame critico della sua storia, vol. II

 

Già anteriormente Horst aveva espresso con una speciale chiarezza questo concetto simbolico della storia di Gesú. Che tutto quanto si narra del Cristo, sia o no vera storia, la è, secondo questo autore, questione ormai piuttosto indifferente per noi, e che d’altronde noi non siamo piú in grado di risolvere. Anzi, egli segue, se vogliam esser sinceri, confesseremo che per la parte illuminata de’ nostri contemporanei piú non è che pura favola ciò che, per gli antichi fedeli cristiani, era storia sacra; i racconti della nascita soprannaturale del Cristo, de’ suoi miracoli, della sua risurrezione, dell’ascensione sua, debbono rigettarsi come contrari alle leggi della nostra facoltà conoscitiva. Ma chi li consideri non piú col solo aiuto dell’intelligenza, siccome vera storia, bensí, col sussidio del sentimento e dell’immaginazione, siccome poesia, troverà che nulla è arbitrario in questi racconti, che ogni cosa, in essi, ha sue radici nel profondo dello spirito umano e nei punti per cui questo comunica con la divinità. Veduta sotto tale aspetto, la storia intera del Cristo agevolmente collegasi con quanto havvi d’importante per la coscienza religiosa, di vivificante per un’anima pura, di attraente per un sentir delicato. Questa storia è una bella e santa poesia della umanità generale, in cui si riuniscono tutti i bisogni del nostro istinto religioso: e ciò forma per lo appunto il massimo onore del cristianesimo e la prova migliore del suo valore universale. La storia dell’Evangelo è, in sostanza, la storia della natura umana ridotta ad un concetto ideale; essa ci mostra nella vita di un individuo, ciò che l’uomo dev’essere, ciò ch’ei può realmente divenire unendosi a quell’individuo e seguendone la dottrina e lo esempio. Né per questo si nega che Paolo, Giovanni, Matteo e Luca scorgessero fatti e storia certa in ciò che a noi non può sembrare piú altro fuorché una finzione sacra. Ma nel loro modo di vedere eran quelli fatti sacri e storia sacra, appunto per lo stesso motivo che oggi, nel modo di vedere nostro, ce li fa apparire come miti sacri e sacre finzioni. I punti di vista, soltanto, sono diversi; la natura umana, e in essa l’istinto religioso, rimangono sempre gli stessi. Quegli uomini, nel mondo in cui vivevano, avevano d’uopo, per ravvivare le disposizioni religiose e morali nel cuore dei loro contemporanei, di storie e di fatti il cui fondo essenziale era tuttavia costituito da idee. Questi fatti, per noi, sono invecchiati e divenuti dubii: e solo in grazia delle idee che ne forman la base, i racconti che li racchiudono ottengono ancora il rispetto.

 

Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII, pagg. 874-875