SPINOZA, BISOGNA GUARDARE LE COSE SUB SPECIE AETERNITATIS

Prop. 44.
È proprio della natura della Ragione considerare le cose non come contingenti ma come necessarie.

Dimostrazione: E’ proprio della natura della Ragione percepire le cose secondo verità, o appunto come esse sono in sé, cioè non come contingenti (o casuali), ma come necessarie (o tali da non potere non essere quali sono). (P. I, Def. 7; Ass. 6; Prop. 29; P. II, Prop. 41).

Conseguenza 1a: Di qui deriva che il nostro considerare le cose come contingenti, tanto rispetto al passato quanto rispetto al futuro, dipende solo dall’immaginazione.

Chiarimento: In quale maniera ciò accade? Lo spiegherò in poche parole. Ho mostrato nella Prop. 17 qui sopra e nella sua Conseguenza come la Mente immàgini sempre determinate cose, anche se esse non esistono, come presenti, a meno che intervengano cause dalle quali la presente esistenza di quelle cose sia esclusa. Nessuno poi dubita che noi immaginiamo anche il tempo, immaginando, come immaginiamo, che i corpi si muovano alcuni più lentamente di altri, o più velocemente, o con eguale velocità. Poniamo pertanto che un bambino abbia visto per la prima volta, ieri mattina, Pietro, e poi a mezzodi Paolo, e al tramonto Simeone; e stamane, di nuovo, abbia visto Pietro. Dalla Prop. 18 di questa Parte risulta che quel bambino, come vedrà la luce del mattino, tosto immaginerà il sole che percorre la stessa parte del cielo percorsa il giorno precedente, cioè immaginerà il giorno intero; e insieme col mattino immaginerà Pietro, e col mezzo di Paolo, e col tramonto Simeone: immaginerà cioè l’esistenza di Paolo e di Simeone riferita al futuro; al contrario, se veda al tramonto Simeone, egli riferirà Pietro e Paolo al passato, immaginandoli, come sarà, insieme col tempo passato; e ciò accadrà tanto più regolarmente quanto più spesso egli avrà visto quegli uomini in questo stesso ordine. Se invece accada che in un altro tramonto il bambino veda Giacomo anziché Simeone, il mattino successivo egli immaginerà collegati col tramonto ora Simeone, ora Giacomo, ma non mai entrambi insieme: perché si suppone che al tramonto egli abbia visto soltanto l’uno o l’altro dei due, ma non ambedue insieme. La sua immaginazione dunque ondeggerà, e collegherà coi tramonti avvenire ora l’uno, ora l’altro: cioè egli non considererà di poter rivedere con certezza o Simeone o Giacomo, ma riterrà che il rifarsi vivo sia un evento contingente sia per l’uno sia per l’altro. E questo ondeggiare sarà lo stesso anche nel caso che l’immaginazione riguardi altre cose che noi consideriamo nello stesso modo con relazione al passato o al presente; e di conseguenza immagineremo come contingenti (ovvero suscettibili di essere o di nonessere, o suscettibili di essere state o di non-essere state) quelle cose, siano esse riferite al presente o al passato o al futuro.

Conseguenza 2a: E’ proprio della natura della Ragione percepire le cose nella loro peculiare eternità, ossia considerare gli aspetti anche transitori della Sostanza come partecipi, in un modo loro peculiare, dell’essere eterno della Sostanza stessa.

Dimostrazione: Secondo la Proposizione precedente, è proprio della natura della Ragione considerare le cose come necessarie e non come contingenti. La Ragione, poi, percepisce questa necessità delle cose secondo verità, cioè come essa è in sé. Ma questa necessità delle cose è la stessa necessità dell’eterna natura di Dio: dunque è proprio e peculiare della natura della Ragione considerare le cose, anch’esse, come eterne, ma in una maniera particolare e loro propria; ossia secondo una loro peculiare eternità. S’aggiunga che i fondamenti della Ragione sono le nozioni che spiegano quelle entità o quelle caratteristiche che sono comuni a tutte le cose: entità o caratteristiche che non danno ragione dell’essenza di alcuna cosa singolare; e che perciò debbono essere pensate al difuori di qualsiasi relazione temporale, e sotto una specie - per così dire - di eternità (sub specie aeternitatis): appunto, l’eternità che è loro peculiare secondo quanto affermato nella Conseguenza 2a qui sopra. (P. I, Ass. 6; Prop. 16; P. II, Prop. 37; Prop. 38; Prop. 41).

(Spinoza, “Ethica”, II, prop.44)