SENOFANE, FRAMMENTI

 

Fr. 1
Ora il pavimento è pulito e pure sono le mani di tutti e i calici: qualcuno ci mette intorno al capo ghirlande intrecciate, mentre un altro ci porge in una coppa il profumo odoroso e c’è il cratere pieno di gioia ed altro vino è pronto, che promette di non mancar mai, dolce come miele nei vasi e odoroso di fiori. In mezzo a noi l’incenso esala il suo sacro profumo e c’è acqua fresca e dolce e pura; ci sono biondi pani e la tavola sontuosa si piega sotto il peso del formaggio e del denso miele. Nel mezzo l’altare è tutto ornato di fiori e il canto e il piacere della festa riempion la casa. Conviene anzitutto ad uomini assennati cantar le lodi del dio con pii racconti e con parole pure. Dopo aver libato e implorato la forza di agir giustamente - che questo è ciò che più importa - non è eccesso bere tanto che si possa giungere a casa senza l’aiuto del servo, se non si è troppo vecchi. Ma quegli à da lodare che nel vino rivela nobiltà di pensiero così come la memoria e il suo canto s’ispirano alla virtù non per cantare le lotte dei Titani o dei Giganti o dei Centauri - favole dei primordi - e neppure le veementi lotte di parte, tutti argomenti vani; ma rispettar sempre gli dèi e la vera virtù.

Fr. 2
Ma se uno conquista la vittoria per la velocità dei piedi o nel pentatlon, là dov’è il sacro recinto di Zeus, presso le fonti del Pisa in Olimpia, o nella lotta o per l’abilità nel doloroso pugilato o in quella terribile gara che chiamano pancrazio, più glorioso diventa agli occhi dei concittadini e nei giochi ottiene il posto d’onore, e il vitto a spese pubbliche dalla città e un dono che per lui è un cimelio; ed anche vincendo coi cavalli avrebbe tutti questi onori eppure non ne sarebbe degno com’io lo sono. Ché meglio della forza di uomini e di cavalli è la nostra sapienza. È davvero un’usanza irragionevole, né è giusto Preferire la forza al pregio della sapienza. Poiché anche se c’è tra i cittadini un abile pugile o qualcuno che eccelle nel pentatlon o nella lotta, o anche nella velocità dei piedi, che è la più onorata tra le prove di forza che si fanno nelle gare degli uomini, non per questo la città vive in un ordine migliore. Ben poco diletto ne ha la città Se qualcuno vince una gara alle rive del Pisa: non è così che le sue casse si impinguano.

Fr. 3
Avendo appreso dai Lidi la mollezza dell’inutile fasto, finché furon liberi dall’odiosa tirannide, andavano alle adunanze con vesti tutte di porpora, e non erano meno di mille ogni volta, tutti tronfi, fieri dell’eleganza delle loro chiome, olezzanti del profumo di raffinatissimi ungenti.

Fr. 4
E nessuno farebbe la mistura nel calice versando prima il vino, ma l’acqua, e sull’acqua il vino.

Fr. 5
Ché avendo inviato in dono un coscio di capretto, hai avuto in cambio la pingue coscia di un grasso di bue, il dono che si conviene ad un uomo la cui fama si propagherà in tutta la Grecia e mai verrà meno, finché duri la stirpe dei canti ellenici.

Fr. 6
Ora voglio passar di nuovo ad altro discorso e mostrare la strada. E raccontano che una volta, passando, avesse avuto compassione di un cagnolino che veniva maltrattato e avesse detto queste parole: «Smetti di batterlo, perché è l’anima di un amico che ho riconosciuto alla voce».

Fr. 7
Son già sessantasette anni che trascino le mie pene per l’Ellade; e allora ne erano già passati venticinque dalla mia nascita - seppur posso darne notizia precisa.

Fr. 8
Molto più debole di un vecchio.

Fr. 9
Poiché fin dai tempi antichi tutti hanno imparato da Omero…

Fr. 10
Tutto agli dèi hanno attribuito Omero ed Esiodo, quanto presso gli uomini sono vergogna e biasimo, rubare, fare adulterio e ingannarsi a vicenda.

Fr. 11
raccontarono ogni possibile indecenza degli dèi. rubare, commettere adulterio e ingannarsi reciprocamente.

Fr. 12
Ma i mortali si immaginano che gli dèi siano nati e che abbiano abiti, linguaggio e aspetto come loro.

Fr. 13
Ma se i buoi < e i cavalli > e i leoni avessero le mani o potessero disegnare con le mani e compiere opere come quelle che gli uomini compiono, i cavalli simili ai cavalli, e i buoi simili ai buoi dipingerebbero figure di dèi e plasmerebbero corpi come quelli che hanno ciascuno di loro.

Fr. 14
Gli Etiopi affermano che i loro dèi sono neri e camusi, i Traci che hanno gli occhi azzurri e i capelli rossi.

Fr. 15
Intorno alla casa ben costruita stanno bacchi d’abete.

Fr. 16
Non è che fin dal principio gli dèi abbiano svelato ogni cosa ai mortali, ma a poco a poco gli uomini ricercando trovano il meglio.

Fr. 17 (dubbio)
E un giovane desidererebbe una giovane fanciulla.

Fr. 18
Vicino al fuoco, d’inverno, son questi i discorsi da fare, quando si giace sazi sul molle letto e si beve dolce vino sgranocchiando dei ceci: «Chi sei e donde vieni? Che età hai, amico? Quanti anni avevi quando arrivò il Medo?»

Fr. 19
Un dio soltanto e tra gli dèi e tra gli uomini il più grande, né per aspetto simile ai mortali, né per il pensiero.

Fr. 20
Tutto intero scorge, tutto intero concepisce, tutto intero ascolta.

Fr. 21
Ma senza fatica con la forza della mente tutto scuote.

Fr. 22
Sempre nello stesso luogo rimane senza per nulla muoversi, né gli si addice recarsi qui o là.

Fr. 23
Tutto proviene dalla terra e alla fine tutto ritorna alla terra.

Fr. 24
Questo limite superiore della terra lo vediamo ai nostri piedi che tocca l’aria, e quello inferiore invece si stende all’infinito.

Fr. 25
Terra e acqua è tutto ciò che nasce e cresce.

Fr. 26
Fonte dell’acqua è il mare e fonte dei venti: ché senza il grande mare non si forma nelle nubi la forza del vento che soffia dal di dentro, né le correnti dei fiumi, né le piogge dell’etere, ma il grande mare è il genitore delle nubi e dei venti e dei fiumi.

Fr. 27
Il sole che si leva sulla terra e la riscalda.

Fr. 29
Quella che chiamano Iride è anch’essa una nuvola che alla vista si presenta purpurea scarlatta e verdastra.

Fr. 30
E la certezza dunque nessun uomo l’ha mai scorta né alcuno ci sarà che l’abbia scorta intorno agli dèi e a tutte le cose che dico: infatti, anche se qualcuno si trovasse ad esprimere una cosa compiuta nel più alto grado, ugualmente egli stesso non l’avrebbe scorta; ad ogni cosa è data l’apparenza.